Deepfake e politica: la nuova frontiera della propaganda
Chiudi gli occhi. Sei in piazza, a un comizio, in piena campagna elettorale. Il candidato è sul palco, sa parlare, è convinto di quello che dice. Non sta – come spesso accade – promuovendo se stesso attraverso la critica dell’opposizione, non sta facendo il classico, ridondante e ripetitivo elenco delle promesse non mantenute: sta descrivendo la sua idea di società del futuro.
Parla di città più sicure, di energia pulita, di ricchezza e benessere diffusi. Parla del mondo che afferma di poter realizzare se solo noi ci fidiamo di lui. E arrivati alla conclusione, al momento in cui in teoria dovrebbe dire che quello appena raccontato è il mondo che possiamo immaginare e costruire insieme, fa qualcosa di diverso: lo mostra. Dietro le sue spalle, sullo schermo dove fino a poco prima c’era il classico simbolo di partito affiancato dallo slogan di campagna e/o dal faccione di turno, parte un video realizzato ad hoc con l’intelligenza artificiale. Il futuro che prima potevi solo immaginare è lì, proprio davanti ai tuoi occhi.
Alla data in cui scrivo, nel maggio del 2025, non credo che una scena del genere si sia ancora realizzata, anche se sono pronta a essere contraddetta.
In tutta onestà mi sembra qualcosa di – se non proprio reale – per lo meno parecchio realistico. Perché se i video realizzati con l’intelligenza artificiale, deepfake nel senso più puro del termine ma non solo, forse non sono ancora arrivati sui maxi schermi nelle piazze, di certo hanno già trovato il loro posto sugli schermi dei nostri telefoni, pc e televisori. Sì, se ne parla tanto anche lì, anche se di vero dibattito critico se ne vede ancora poco nei nostri programmi tv.
Da quando – in tempi abbastanza recenti se ci pensiamo – l’intelligenza artificiale è diventata alla portata di tutte le persone con una connessione a Internet e la voglia di smanettare un po’, la realizzazione prima di immagini, poi di audio e video sempre più assurdi ma sempre più paradossalmente credibili è entrata nella nostra quotidianità in modo profondo e con un’influenza sempre maggiore. Ad oggi, con i giusti prompt o conoscendo i giusti codici, si può far dire di tutto, far fare di tutto, mostrare di tutto. E in un’epoca di campagna elettorale permanente, questa tendenza alla realizzazione artificiale delle infinite possibilità dell’umana immaginazione ci ha messo davvero poco ad arrivare anche in politica.
La propaganda politica con i deepfake e più in generale con l’intelligenza artificiale va a nozze.
In campagna elettorale permanente le promesse elettorali sono continue, così come i tentativi di sottolineare le mancanze degli avversari e di metterli in cattiva luce. E se per la prima fattispecie l’AI può permettere ai politici di mostrare agli elettori scenari futuri auspicati che fino a poco tempo fa si potevano solo immaginare, per la fattispecie numero due l’influenza dei deepfake può essere ancora più potente e più subdola.
Un esempio pratico. Il più alto rappresentante dell’uso dell’intelligenza artificiale a scopo propagandistico in tempi recenti è sicuramente Donald Trump con il suo Trump Gaza, il video realizzato per rendere palese e tangibile la sua idea di ciò che la striscia di Gaza potrebbe diventare se e solo se gli si lasciasse la possibilità di realizzare i suoi piani. Soldi che piovono dal cielo, turismo di lusso, Elon Musk che se la gode e ovviamente una statua d’oro realizzata a sua immagine e somiglianza sono solo alcuni degli elementi che il Presidente degli Stati Uniti, il suo staff o chi per lui hanno deciso di inserire in uno dei video più chiacchierati degli ultimi mesi.
Un vero e proprio video propagandistico del futuro.
Potrebbe sembrare il classico “Nel 2050 le automobili voleranno” se solo non fosse ambientato in un luogo distrutto nel quale è in atto, fa sempre bene ricordarlo, un genocidio. Grazie al potere dell’intelligenza artificiale Trump prende un conflitto che lui stesso perpetra per posizionare se stesso come il risolutore. Immagina e mostra il futuro che si auspica se solo Gaza fosse a tutti gli effetti sua, tenendosi ben lontano dal racconto di ciò che Gaza è davvero: una delle più alte rappresentazioni della distruzione contemporanea. Non è più costretto a “solo” raccontare ciò che ha in mente, scontrandosi così con l’interpretazione che ognuno degli ascoltatori potrebbe dare al suo racconto, ma li rende direttamente parte della propria idea. Propaganda allo stato puro, propaganda allo stato futuro.
Non dobbiamo però tralasciare l’altra faccia della medaglia: la svalutazione dell’altro.
E a questo punto al braccetto tra la propaganda e l’AI si uniscono anche le fake news. Realizzare deepfake con foto, video e audio degli oppositori politici per fargli dire o fare qualcosa che normalmente non direbbero o farebbero – o che non direbbero o farebbero in quel modo – è una pratica sì quantomeno scorretta, ma che è anche stata concretamente messa in atto.
Ma è la diffusione dei prodotti in questione attraverso il sistema dei media e dell’informazione a trasformare una condotta sbagliata (e illegale?) in un pericolo socio-politico. Se infatti oggi come oggi riconoscere una fake news da una notizia reale è già di per sé opera ardua e complessa, farlo quando della notizia in questione abbiamo una prova tangibile è un processo ancora più tortuoso. E questo soprattutto quando la distanza tra ciò che viene creato e ciò che sarebbe plausibile vedere o sentire non è poi così ampia. A volte basta modificare poche parole per cambiare il significato di un intero discorso.
Il deepfake in politica rende più che urgente una domanda: ma quindi, a cosa possiamo credere?
La risposta dovrebbe essere oggetto di studio sociologico. Anzi, probabilmente lo è. Che poi altrettanto probabilmente qualunque risposta data oggi sarebbe obsoleta domani, considerando la velocità con la quale l’intelligenza artificiale cresce e la lentezza con cui invece viene normata. Credo che ad oggi, più che una risposta, il punto sia trovare una chiave di lettura: lo spirito critico.
L’attenzione, l’analisi, la voglia, capacità e possibilità di mettere in discussione ciò che vediamo è tutto ciò che attualmente ci separa dal dare per scontato che ciò che abbiamo davanti agli occhi sia necessariamente vero. In altre parole, è tutto ciò che ci separa dal cadere in una trappola. Non basta che qualcosa sia lì, sui nostri schermi, visibile ai più per essere reale: dello spirito critico non possiamo proprio più fare a meno.