Take’em Down: “The Neutral Ground” e la lotta di New Orleans per la rimozione dei monumenti schiavisti

Take’em Down: “The Neutral Ground” e la lotta di New Orleans per la rimozione dei monumenti schiavisti

Il termine “The Neutral Ground” curiosamente è stato usato per la prima volta per dare un nome a un’area al confine tra Texas spagnolo e Stati Uniti: un’area rimasta senza giurisdizione dal 1803 dopo il Louisiana Purchase grazie al quale gli Stati Uniti acquistarono dalla Francia napoleonica quell’immenso territorio che ai tempi comprendeva gli attuali Arkansas, Missouri, Iowa, Oklahoma, Kansas e Nebraska e ampie parti dei due Dakota.


A questa zona franca della regione sud-occidentale dell’attuale Louisiana dove per forza di cose si trasferirono cacciatori di taglie, latitanti, immigrati e fuggiaschi, risalgono le origini della comunità “redbone” della Louisiana, termine nato con accezioni peggiorative per etichettare le comunità multirazziali di origine creola. Né bianchi, né neri e soggetti quindi, in maniera altalenante e casuale, alle leggi Jim Crow di segregazione degli Stati del Sud. 

Il Neutral Ground, anche il lungo spartitraffico erboso di New Orleans dove – si narra – si incontrassero per trattare spagnoli da una parte, e francesi e americani dall’altra, dà il titolo all’appassionante documentario diretto da CJ Hunt, comico, autore, stand up comedian e produttore televisivo per The Daily Show with Trevor Noah e The Rundown with Robin Thede.


CJ Hunt, anche lui di origini ufficialmente considerate “multirazziali” o per l’esattezza “birazziali”, è nato da padre afroamericano e madre filippina da cui ha ereditato la passione per la cultura asiatica e per la storia coloniale, e si è specializzato in African Studies alla Brown University.

«Vedo la storia come una soffitta piena di orrori razziali ereditati, dove in genere si preferisce non andare» preannuncia Hunt all’inizio del suo viaggio documentato in “The Neutral Ground”. «Quindi quando venni a New Orleans fui sorpreso nel vedere che i ricordi più oscuri della città non sono nascosti in soffitta, ma sono esposti in salotto».  


Il salotto del resto non è un salotto qualunque, ma proprio il neutral ground di New Orleans che col tempo è diventato un punto di ritrovo per gli abitanti della città dove passare del tempo a bere un drink o dove appostarsi in prima fila per ammirare i carri della sfilata dello storico carnevale cittadino.

Lungo questa arteria pedonale campeggiano le statue di tre personalità simbolo della tradizionale schiavista: Robert E. Lee, celebre generale confederato, Jefferson Davis, presidente della Confederazione degli Stati del Sud, PGT Beauregard, generale confederato che ha aperto formalmente le ostilità della Guerra Civile.
A qualche miglio di distanza sorge il monumento più infame, il memoriale della White League, la milizia suprematista che nel suo manifesto programmatico propugnava la caccia ai neri e che nel 1874 si rese protagonista di uno dei riot più sanguinosi della storia americana – oltre trenta morti e ottanta feriti – la drammatica Battaglia di Liberty Place dove fu eretto quindici anni più tardi un obelisco commemorativo come tributo a questa organizzazione paramilitare. 

L’inchiesta di Hunt alterna ricostruzioni storiche, interviste tragicomiche e affilatissime battute attraverso il racconto della lunga e faticosa battaglia legale per la rimozione di questi quattro monumenti. Le voci dei protagonisti riescono con efficacia a smantellare gli sgangherati miti revisionisti che soprattutto negli ultimi anni hanno alimentato quel fantasma della “cancel culture” usato quotidianamente dalla destra americana e trumpiana per attaccare il pensiero unico “politicamente corretto” di democratici e progressisti. 

Come ricorda Malcolm Suber, professore di scienze politiche della Southern University e attivista del gruppo Take’em Down che si è battuto per la rimozione dei monumenti confederati, «non penso che abbiamo la responsabilità di legittimare ciò che è illegittimo, credo che abbiamo la responsabilità di spiegare perché è illegittimo».

E “The Neutral Ground” riesce in appena novanta minuti nella missione.  

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