Tuttinsieme

Tuttinsieme

Tuttinsieme. 
Senza fratture, senza divisioni: una liason sintattica che allude anche a quella fattuale.
Uniti a parole, ma anche nei gesti quotidiani. Assieme, fianco a fianco, fiancheggiando gli stereotipi, senza farsi colpire, ma provando a mostrarne l’intrinseca debolezza delle radici. 

Il racconto di una famiglia alle prese con la complessità insita nella genitorialità: quel un ruolo così delicato, pronto a disattendere qualsiasi prontuario, perché la realtà è ben più complessa, più sfaccettata, più irregolare. Ma non solo. 
È il racconto di una famiglia come ce ne sono ancora troppe poche, costretta a infilare nel proprio bilancio familiare anche il peso della discriminazione omolesbobitransfobica e le sue conseguenze.  

Tuttinsieme è il secondo capitolo della vita di una famiglia omogenitoriale: un progetto di Marco Simon Puccioni, iniziato nel 2012 con il primo film-documentario “Prima di tutto”.  
Un secondo atto sulle testimonianze raccontate dalla voce di David e Dennis, gemelli e figli di Giampietro e Marco, dai due padri, dalle donne che hanno messo al mondo i bambini, dalle altre famiglie arcobaleno, dal microcosmo che ruota attorno a questa storia. 

Il tema delle famiglie omoparentali è trattato trasversalmente lungo tutto il documentario da chi lo vive in prima persona e chi di riflesso. Se ne parla a tavola, in viaggio, mentre si gioca, nell’intimità della notte. Ne parlano in prima persona i due bambini in due momenti diversi della loro vita, a distanza di qualche anno, tracciando un evidente percorso di maturità, e affrontando il preconcetto e le discriminazioni che subiscono con una grande invidiabile consapevolezza.  
Ne parlano i due padri, senza storpiature, senza orpelli, condividendo un altro modello di famiglia che non teme di dare un nome alle cose per ammettere la loro esistenza, che non omette la genesi, che non smussa la paura radicata nella società di accettare e di concepire la parentalità sociale al pari di quella biologica, ma la affronta in tutta la sua durezza. 

Una riflessione autobiografica e collettiva allo stesso tempo, che non confina la questione a chi la vive abitualmente, ma riesce a estenderla a tuttә, attraverso quello stesso metodo educativo che i due padri imbastiscono per i propri figli, la cui centralità sta nella normalizzazione dell’amore e della completezza delle relazioni omoparentali. Un metodo educativo che parte dall’ascolto, che scommette sul potere del dialogo senza filtri e intermediazioni per conoscere le sensazioni dei bambini a partire dalle parole che scelgono per descriverle. 

Un atto di autodeterminazione audiovisiva, un esempio virtuoso di educazione e la testimonianza del contesto sociale entro il quale è costretto muoversi, in una narrazione che documenta e non romanza, e che lascia intravedere in filigrana l’urgente bisogno di advocacy in Italia in materia di omogenitorialità.

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