Writing with fire

Writing with fire

Rintu Thomas, Sushmit Ghosh

In uno stato dell’India settentrionale – l’Uttar Pradesh – corruzione, violenza e discriminazione di caste e di genere, mancanza di servizi igienici e condizioni di lavoro disumane sono questioni all’ordine del giorno. Ed è proprio in questo contesto fatto di ingiustizia sociale che nasce la redazione di Khabar Lahariya, un giornale formato da sole donne.

Durante la transizione digitale del giornale, le registe seguono Meera Devi, la capo reporter, e le redattrici, armate di smartphone e sfrontatezza. Sfrontatezza che è una delle poche armi che le donne dalit – termine che indica le/i fuoricasta all’interno del sistema sociale indiano – possono utilizzare per sfidare un sistema profondamente maschilista e settario.

Writing with fire è un continuo agitarsi di emozioni: dall’empatia per le ragazze della redazione che non hanno mai usato un cellulare perché hanno “paura di romperlo”, alla rabbia per il modo in cui vengono trattate le giornaliste. Assistiamo a un percorso di crescita, di acquisizione di consapevolezza della propria forza e del proprio potere, di una sicurezza che permette alle giornaliste di affrontare la polizia, la mafia locale, la politica e le proprie famiglie. Khabar Lahariya non è solo giornalismo, è attivismo puro, è sfida personale, è sfida verso la concezione del potere e il potere stesso.

«Credo che il giornalismo sia l’essenza della democrazia», dice Meera, e il suo giornale, con i suoi servizi d’inchiesta, si fa portavoce della società verso un governo che vuole le giornaliste zitte e sottomesse, è uno «strumento di giustizia, non un’attività economica». L’occhio delle giornaliste è puntato su storie quotidiane di ingiustizia sociale nelle zone rurali dell’India, là dove i media non arrivano (o non vogliono arrivare).

La macchina da presa di Rintu Thomas e Sishmit Ghosh ci svela la forza di queste donne, ma anche le loro debolezze, ci porta nell’intima lotta quotidiana di queste donne così forti da denunciare apertamente il potere politico e religioso del Paese e, allo stesso tempo, da confessare alla camera che «a volte […] sembra un peccato essere nata donna». Il primo lavoro delle registe è un prodotto appassionato e che tiene incollati allo schermo dal primo all’ultimo secondo, un documentario che racconta una storia pazzesca, una storia di coraggio, emancipazione e lotta, una storia di un altro mondo, che tanto altro, alla fine, poi non è.

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