Bang Bang Baby, la serie
Regia 4
Soggetto e sceneggiatura 4
Fotografia 4
Cast 4
Colonna sonora 3

Bang Bang Baby è la serie tv distribuita su Amazon Prime, diretta a tre mani da Michele Alhaique, Giuseppe Bonito e Margherita Ferri. Scritta da Andrea di Stefano. È la celebrazione degli anni Ottanta un po’ alla Stranger Things, al quale ormai non si può non pensare quando si tratta quel periodo. Vi è la ..

Summary 3.8 bello

Bang Bang Baby, la serie

Bang Bang Baby è la serie tv distribuita su Amazon Prime, diretta a tre mani da Michele Alhaique, Giuseppe Bonito e Margherita Ferri. Scritta da Andrea di Stefano. È la celebrazione degli anni Ottanta un po’ alla Stranger Things, al quale ormai non si può non pensare quando si tratta quel periodo. Vi è la somministrazione costante di elementi della cultura pop di quel decennio: pubblicità, programmi televisivi, abbigliamento, musica. Accade in maniera eccessiva soprattutto nei primi episodi, oscurando ciò che di interessante invece la serie vuole raccontare.
Per fortuna va scemando per lasciare spazio al contenuto che è sicuramente di qualità superiore rispetto all’eccesso scenografico di contorno. Ed era ora!

Milano, è il 1986. Alice (Arianna Becheroni) vive con la madre Gabriella (Lucia Mascino) nella provincia milanese. Figlia di un criminale calabrese crede che il padre sia morto. L’apparente quiete della sua adolescenza è scossa da un articolo di giornale che mostra in prima pagina la foto di un uomo arrestato. Si tratta proprio di suo padre Santo Maria Barone (Adriano Giannini).
Questo avvenimento non può non sconvolgere Alice che per incontrarlo farà di tutto, fino a unirsi a quel mondo criminale del quale non potrà fare a meno. Da introversa ragazza diventa la principessa (come la chiama Santo) della ‘ndrangheta. Arguta e razionale vive dell’adrenalina che il mondo delle armi le dà, non tralasciando mai l’amore per gli altri, prima di tutto per i genitori Gabriella e Santo.

Non fatevi ingannare dalla lentezza dei primi due episodi. Andate oltre, fidatevi.
Grazie alla fotografia e al montaggio si riescono a digerire e si può proseguire nella visione. Infatti, a partire dal terzo episodio il gusto esplode. Vi è un inizio singhiozzante perché non è di semplice comprensione l’albero genealogico che si presenta: nonne, zii, parenti, cognati, compagni e compagne presentati in maniera compulsiva in salotti bui. Si passa dalla provincia milanese alla Calabria, tanti nomi si alternano insieme a situazioni poco chiare. È una serie con la quale si entra in contatto lentamente, ma una volta superati i convenevoli iniziali, ci si può finalmente accomodare e godersela.
La trama è decisamente solida e avvincente, ogni episodio offre un colpo di scena e il potenziale per una seconda stagione c’è, e mi auguro ci sia.

La scheda dei personaggi è ben scritta e ricca di particolari. Ognuno ha una personalità e un carattere ben definiti: si indagano drammi personali come lutti, un tradimento, degli omicidi e anche l’omosessualità di un personaggio della famiglia dei Ferraù, i rivali calabresi dei Barone, ai quali una tematica del genere va taciuta. Ciò che più ho amato sono proprio loro: i personaggi. Sì, perché ognuno a modo loro ha qualcosa che viene indagato in profondità, e nulla è tralasciato.

Il cast d’altronde può vantare dei grandi attori e delle grandi attrici. Vi ricorderete tutti la Signora Gentile in È stata la mano di Dio, interpretata da Dora Romano. La signora che al pranzo di famiglia mangia compulsivamente la mozzarella di bufala. È proprio lei. Qui, in Bang Bang Baby, è nonna Lina, madre di Santo e nonna di Alice. La sua interpretazione del male è iconica accompagnata al contempo da un velo di ironia che fa quasi sorridere.

Ma è piacevole scoprire anche attori più giovani e di grande talento come Giorgia Arena che interpreta Assunta, la cugina di Nereo Ferraù (Antonio Gerardi). Arena trasforma Assunta da donna succube e derisa a indipendente e forte, anche nell’ambito della sessualità, in quanto non può rivelare alla sua famiglia di essere omosessuale, fatto che esploderà solo alla fine. Interessante è anche la recitazione in dialetto che non risulta per nulla esagerata, si capirebbe anche senza sottotitoli che però si è deciso di inserire. E questo rende tutto molto più reale e incisivo.

Di fatto, Bang Bang Baby non è solo il racconto della mafia e della morte come si potrebbe pensare all’inizio. Ma è il resoconto di un decennio intero: si raccontano dei cambiamenti politici che portano con sé tanta corruzione, delle lotte al capitalismo rappresentate dalla mamma di Alice che protesta fuori dalla fabbrica con le colleghe, ed è l’esaltazione della cultura pop che propina canzonette e tanti colori in televisione fino ad accecarti. Guardando la serie noterete che uno spot ripete spesso che “Cologno Monzese rende i sogni realtà”. E in dieci episodi vi è tutto questo. Non ci sono pause, si è portati là dentro e fagocitati. Si inizia pensando di guardare un crime, che si tratterà di mafia, ma arriva poi anche la love story tra Alice e Rocco (Giuseppe De Domenico) e ci si scontra con la commedia. Può essere rischioso parlare di mafia e far ridere allo stesso tempo. Eppure questa serie è curiosa da questo punto di vista, perché la sua poliedricità è notevole e ben scritta.

Perciò l’interpretazione degli attori unita a una grande capacità di scrittura hanno reso Bang Bang Baby una serie del tutto inaspettata nel panorama delle serie tv italiane, e direi favorevolmente accolta dal pubblico.

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