Va’ e vedi, il restauro a #Venezia74

Va’ e vedi, il restauro a #Venezia74

BILLY torna, dopo qualche anno di assenza, alla Mostra del Cinema di Venezia, e seguirà per voi, con il nostro amato redattore Emilio Occhialini, tutto quanto di bello e di brutto succederà al Lido in questi straordinari giorni!

Una sezione ricca quella riservata ai restauri dei grandi classici di quest’anno a Venezia, che spazia dal cinema giapponese di Ozu e Mizoguchi, a uno dei film meno noti di Godard, ossia Due o tre cose che so di lei, fino ai nostrani Ferreri, Antonioni e De Sanctis, per poi passare a cult dimenticati come Tutto in una notte di Landis o, volendo andare ancora più a ritroso negli anni, in un tuffo nelle origini con Whale, Lubitsch e Vigo. Però ieri si è potuto assistere alla proiezione di un capolavoro dimenticato del cinema sovietico degli anni ’80, un film di guerra che meriterebbe di essere posto vicino (azzarderei anche sopra) ad opere come Apocalypse now o Full Metal Jacket, e sto parlando del dimenticato Va e vedi, pellicola conclusiva dell’opera di Elem Klimov, che mette in scena gli orrori delle seconda guerra mondiale in Bielorussia nel 1943.

Restaurato dalla Mosfilm, casa cinematografica con sede in Russia, gli spettatori della Sala Casinò hanno potuto assistere alle peripezie di Florya, ragazzino che si trova inizialmente ad arruolarsi nelle forze partigiane, infine seguire una giovane ragazza in mezzo a maestosi e lugubri boschi, per poi culminare nel visionario e meraviglioso finale che vede la messa in atto di un vero e proprio genocidio di un villaggio. E’ attraverso lo sguardo di Florya che dobbiamo rassegnarci davanti agli orrori della guerra, uno sguardo che si abbandona inizialmente fuori campo all’innocenza e meraviglia di una natura ancora pura e viva, ma che pian piano si protrae in un disfacimento che incontra, come nel diabolico finale, lo sguardo disperato in macchina del nostro protagonista, vittima di un invecchiamento dove la pelle liscia e infantile che incontriamo all’inizio lascia spazio a solchi, rughe, borse e pestoni.

Sicuramente frutto di una forte esperienza giovanile dello stesso regista il film stupisce per la sua modernità riscontrabile nelle continue soluzione visive: da piani sequenza in soggettiva, primi piani e riprese di paesaggi impressionistiche e crepuscolari che richiamano fortemente Tarkovskij, fino al diabolico campo/controcampo che ai colpi di fucile del protagonista su una foto del Fuhrer in una pozza alterna lo sguardo in macchina di Florya a immagini di repertorio che ripercorrono a ritroso la carriera di Hitler, fino ad una glaciale foto di esso neonato che fa cessare il fuoco del ragazzo, quasi come se si volesse porre un punto interrogativo sull’umanità e l’impossibilità di essa di poter procedere avanti e vedere quel che viene dopo, prima che parta il requiem finale di Mozart che vede perdersi nel bosco un gruppo anonimo di partigiani.

Un film moderno e compatto per la sua unità, solidità e forza di suggestione visiva dove la fotografia di Aleksei Rodionov valorizza la pastosità dei colori che predominano la natura idilliaca e piovosa di Florya e Glasha, persi e innocenti in mezzo ai fitti alberi come Adamo ed Eva, fino alle crepuscolari e notturne sequenze di fuga nei campi e nelle lagune; ma un film anche visionario che per buona parte della sua durata non mostra mai il nemico, immergendo così lo sguardo in una guerra dove il nemico c’è ma non si vede, vola in alto con i droni, ne percepisci la presenza ma non riesci a prevederne la pericolosità, risultando così avanti nel prevedere lo status di guerra nella contemporaneità.

Speriamo che grazie a questo prezioso restauro della Mosfilm Va’ e vedi possa ritrovare un fortunata distribuzione home-video e occupare una dovuta posizione nelle collezioni di ogni cinefilo che si rispetti, pronto a vivere un film fluviale, una discesa agli inferi che si fa portatrice di uno sguardo autentico su ciò che è la Guerra, uno sguardo che ritrova l’innocenza non solo della meraviglia ma anche davanti all’orrore.

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