A Quiet Place – Andrà tutto bene e altre massime della contemporaneità
Regia 3
Soggetto e sceneggiatura 3
Fotografia 3
Cast 3
Colonna sonora 3

Esterno. Giorno. Strade vuote. Un pick-up parcheggiato. Potrebbe sembrare una tranquilla giornata di lockdown. E invece, per fortuna, non lo è. Siamo in una qualsiasi cittadina del Midwest statunitense, almeno così l’ho percepita. La partita di baseball tra due squadre di ragazzi ha svuotato la città e gli adulti la guardano dagli spalti mentre alla radio ascoltano ..

Summary 2.4 normale

A Quiet Place – Andrà tutto bene e altre massime della contemporaneità

Esterno. Giorno. Strade vuote. Un pick-up parcheggiato. Potrebbe sembrare una tranquilla giornata di lockdown. E invece, per fortuna, non lo è. Siamo in una qualsiasi cittadina del Midwest statunitense, almeno così l’ho percepita. La partita di baseball tra due squadre di ragazzi ha svuotato la città e gli adulti la guardano dagli spalti mentre alla radio ascoltano una partita molto più importante sul piano nazionale. Da quella stessa radio arriva il primo segnale che qualcosa sta accadendo. Siamo nel giorno uno, il giorno dell’arrivo degli alieni. Quelli che nel primo film abbiamo visto, ma che non abbiamo capito perché siano arrivati sulla terra. Nel cielo compare una strana scia infuocata che lascia tutti a bocca aperta, letteralmente, e inizia il fuggifuggi. Urla, morti, sangue, alieni e cut. Titolo e si ricomincia da dove era finito il primo film.
Grazie Krasinski per averci detto come sono arrivati, ma non hai aggiunto niente di importante, se non farci puntare il dito sullo schermo quando si vede lo shuttle giocattolo.
Non vorrei essere polemico, ma forse mi serve per esorcizzare gli attacchi di panico del primo film.
Ma concentriamoci sull’idea del film.
Una delle caratteristiche di maggiore impatto nella costruzione di questi due film è la rimediazione: la capacità che ha un medium di adattare i contenuti di un altro medium. Infatti, è chiaro il riferimento al videogioco, alla visuale in prima persona, all’immersione dello spettatore nella scena. Due sono le logiche alla base della rimediazione: l’immediatezza che ti permette di eliminare il dispositivo in modo da rendere l’esperienza totale, immersiva appunto, e che Krasinski riesce a rendere grazie a dei movimenti fluidi dall’interno della macchina; e l’ipermediazione e quindi la capacità dell’interfaccia e quindi dello schermo, quello del cinema, di risultare determinante ai fini dell’esperienza.
A Quiet Place II, molto di più rispetto al primo, è pensato come un videogioco. Possiamo passare da un personaggio all’altro quando la tensione sta salendo e possiamo provare emozioni più forti con quel personaggio. Basta un tocco di una mano e siamo sordi, un altro e riusciamo a sentire qualsiasi cosa. Lo scenario con tre personaggi, uno di seguito all’altro, ti permette di vivere esperienze multiple praticamente nello stesso momento.

Parliamoci chiaro, la storia in sé è semplice: la vittoria porta speranza, e «la speranza [si sa] divampa» e si fa di tutto per sopravvivere. Sopravvivere, appunto, ma come? Il problema grosso per l’umanità è la comunicazione verbale, modalità che il genere umano ha sempre considerato la caratteristica fondamentale per distinguersi dalle altre specie. Ecco, è proprio su questo punto che batte A Quiet Placecomunicare verbalmente è pericoloso, vi è la necessità di comunicare in maniera diversa, con la lingua dei segni. Ma ciò che si va a interrompere è proprio la comunicazione, generale, con le altre persone. Ognuno è solo o con i proprio cari, con piccole comunità che si creano, distanziate le une con le altre.

Insomma, quello che ci vuole dire Krasinski è che comunicare è pericoloso, bisogna dosare le parole, dirle al momento giusto (al riparo dietro una scrosciante cascata), parlarsi quando è importante perché il nemico è sempre in ascolto.
Un mondo orrendo, senza comunicazione, direte voi. Sì, sicuramente, ma il troppo rumore per niente allora? Il voler comunicare a tutti i costi non disturba? Non è un modo orrendo di vivere allo stesso modo? A Quiet Place ci permette di stare zitti, di osservare, di leggere. Non a caso, infatti, prima di imparare a parlare e scrivere abbiamo imparato a leggere, leggere le orme, le impronte, i guai e gli ostacoli sui quali ci saremmo potuti imbattere.
Dalla visione di Krasinski risulta un’umanità diversa, vincitrice, statunitense (ovviamente) che punta sul coraggio, sull’intelligenza, sulla genialità e sulla perspicacia, ma anche sull’onore, sulla rivalsa e il pentimento. È un’umanità che deve essere faro per le generazioni future post-aliene e che strizza l’occhio a Stranger Things.
A Quiet Place è un ritorno all’origine della specie e a quella massima tanto cara a Hobbes secondo cui l’uomo nella sua condizione di natura è profondamente egoistico. Krasinski prende questo concetto e lo rielabora inserendo la speranza in un futuro migliore o semplicemente in un futuro uguale al passato. Su questo aspetto, devo dire, è in linea con quell’altra massima tanto cara alla nostra contemporaneità: andrà tutto bene!

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