Una Vedova Nera molto poco promettente
Regia 1
Soggetto e sceneggiatura 1
Fotografia 2
Cast 2
Colonna sonora 0

Vedova Nera segna il ritorno dell’MCU nelle sale cinematografiche italiane dopo anni di gestazione, rinvii e congelamenti, paralisi comuni a molti dei film più potenzialmente funzionali a effettuare quel bramato risanamento tra il silenzio delle sale e un riscontro di massa col pubblico, sperando di esserci lasciati alle spalle la parola “aggregamento” quando questo avverrà. Tra questi, ..

Summary 1.2 insufficiente

Una Vedova Nera molto poco promettente

Vedova Nera segna il ritorno dell’MCU nelle sale cinematografiche italiane dopo anni di gestazione, rinvii e congelamenti, paralisi comuni a molti dei film più potenzialmente funzionali a effettuare quel bramato risanamento tra il silenzio delle sale e un riscontro di massa col pubblico, sperando di esserci lasciati alle spalle la parola “aggregamento” quando questo avverrà. Tra questi, si aspettano al varco ancora il nuovo capitolo di 007, il re dei film congelati da aprile 2020, e il Dune di Villeneuve, sperando che pure questi titoli, attesissimi e necessari, facciano riemergere nel pubblico la necessità, il bisogno e il piacere di fruire della loro spettacolarità estesa sullo schermo di una grande sala.

Vedova Nera è inoltre il primo film della nuova fase del Marvel Cinematic Universe che avevamo salutato, sperando di incontrarlo nuovamente in tempi più brevi, nell’estate ormai lontana del 2019, con Spiderman: Far From Home, l’ultimo addio dopo l’epica chiusura di Endgame. È il primo film che si assume la responsabilità di raccontarci esclusivamente uno di quei personaggi che nel disegno d’insieme di Endgame ricevette uno dei trattamenti e sviluppi più drammatici della saga: Vedova Nera, alias di Natasha Romanoff, l’eroina interpretata per la prima da una giovanissima Scarlett Johansson nell’ormai lontano 2008, quando fece la sua prima comparsa in Iron Man 2. Responsabilità volta al passato, ricollocandoci in una parentesi temporale dopo gli eventi di Civil War, e concentrando una narrazione gradevolmente indipendente dall’intreccio seriale consolidatosi negli ultimi film, permettendo così allo spettatore (cioè al sottoscritto) di non preoccuparsi troppo di affrontare una visione strettamente dipendente dalle vicende corali degli Avengers. Nel frattempo c’è la nuova serialità televisiva, esclusiva di Disney+, incaricata di fare i preparativi per l’imminente Fase 4, già arrivata in postproduzione.

Tuttavia, laddove nel primo appuntamento televisivo abbiamo avuto modo di apprezzare la freschezza linguistica e drammaturgica di WandaVision(miniserie che condivide con Vedova Nera il compito di voler legittimare e ampliare la centralità di un personaggio femminile che nei film precedenti ha dovuto scontare una marginalità al fianco della maggioranza prettamente virile degli altri Avengers), questo ritorno al cinema interamente dedicato all’eroina Natasha Romanoff non soddisfa l’aspettato obiettivo. O perlomeno lo soddisfa ma con il minimo sforzo.

Uno dei punti di forza di Vedova Nera rispetto agli altri personaggi è proprio l’assenza di particolari superpoteri, caratteristica che viene colta in apertura cercando di far giocare il primo tempo del film sul terreno del film di spionaggio più tradizionale, con le inquadrature che si aprono ampie su location internazionali immediatamente riconoscibili; poi si scende ad un livello più terreno, dove gli spostamenti di Vedova Nera e la sua sorella Yelena (Florence Pugh) avvengono nel rispetto di un cinema d’azione più concreto, materico, in cui emerge l’apprezzabile volontà di orchestrare un racconto dinamico decisamente più violento, sporco e crudo. Un tentativo di voler ricollocare dieci anni di MCU su uno spettacolo più vicino a Mission:Impossible o agli ultimi 007, saga che viene omaggiata non a caso mostrando Natasha impegnata a ripetere a memoria le battute di Moonraker.

Premesse queste che rimangono tali, perché il comparto visivo e spettacolare di Vedova Nera non riesce a smarcarsi dall’essere un film della Marvel nell’accezione meno felice del termine: il potenziale delle scene d’azione viene soffocato in allestimenti scenografici mai esplorati a dovere, dove lo svolgimento è sempre e solo limitato a favorire la battuta a effetto per fare entrare o uscire i personaggi. Battute a effetto che sono anche battute d’arresto, perché nella difficile coesione d’insieme dello spettacolo, non mancano parentesi forzatamente intime che appesantiscono la centralità del conflitto famigliare nel passato di Natasha Romanoff. Sebbene la figura paterna sia uno dei punti più memorabili del film, proprio il Red Captain di David Harbour, col suo memorabile ingresso in scena, non diventa mai un carattere centrale, ma una macchietta “colorata” di contorno in un film “molto poco colorato” che vorrebbe esplorare le disfunzionalità di una famiglia di spie sovietiche nata dopo il Crollo del Muro, ma senza quel sentimento di fondo che rende, ad oggi e ad esempio, Guardiani della Galassia Volume 2, il film più inutile, e quindi migliore, dell’MCU.

Vedova Nera è un’occasione mancata: poteva essere una piacevole via di fuga (e potenzialmente rimane tale) dall’impianto stilistico e narrativo ormai tipico e famigliare, nel bene e nel male, dei film delle fasi precedenti, ma finisce per essere un debole film d’azione poco audace, dimenticabile e già tremendamente datato. Basti pensare all’ultima parte: dopo il disvelamento fantapolitico (per nulla trascurabile in un prodotto del genere) sul destino delle altre vedove nere, cioè delle altre donne del mondo vittime di quella tratta schiavista e imperialista incarnata nella patriarcale autorità di Ray Winstone, che richiama esplicitamente l’incubo Weinstein, il film scade nella più marvelliana delle sequenze, quella più esplosiva, che segna uno dei punti più bassi per una produzione che non si preoccupa minimamente di una computer grafica mai così posticcia nell’appiattire al minimo storico le sequenze spettacolari.
E per un ritorno al cinema così agognato da oltre due anni, che tuttavia ha risposto bene in termini d’incassi in tempi di pandemia ed europei, non è proprio il genere di spettacolo più desiderabile. Semmai alimenta il desiderio di ritrovarci in sala con un nuovo capitolo di 007, di Mission Impossible o di un quarto John Wick. Nel frattempo, si rimanda ad A quiet Place 2 come esempio di un intrattenimento ben più genuino e felice per cui ritornare a godere del silenzio in sala.

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