Assassinio sul Nilo
Regia 2
Soggetto e sceneggiatura 3
Fotografia 2
Cast 4
Colonna sonora 2

Vedere Assassinio sul Nilo può far capire molte cose, tra le quali che la libertà di scelta è sacrosanta!Se siete appassionatə al genere andate, correte in sala e lasciatevi trasportare sulle sponde del Nilo. Sì, però attenzione, in un fiume di computer graphic. A mio avviso eccessiva e nauseabonda: si è catapultati in un luogo ..

Summary 2.6 normale

Assassinio sul Nilo

Vedere Assassinio sul Nilo può far capire molte cose, tra le quali che la libertà di scelta è sacrosanta!
Se siete appassionatə al genere andate, correte in sala e lasciatevi trasportare sulle sponde del Nilo.
Sì, però attenzione, in un fiume di computer graphic. A mio avviso eccessiva e nauseabonda: si è catapultati in un luogo ovattato e surreale, che non va di pari passo, però, con la suspence della trama, ma, anzi, all’inizio quasi la banalizza: “coccodrilli e pesci in computer graphic immersi in un ambiente di computer graphic?! Sto, forse, guardando un film per famiglie?”.

A parte gli scherzi, e per fortuna, questo elemento tende a scemare nel corso del film e, di fatto, si entra nel vivo della narrazione e del racconto thriller di Agatha Christie.
Assassinio sul Nilo segue, dopo cinque anni, Assassinio sull’Orient Express, e Kenneth Branagh torna nelle vesti del detective Hercule Poirot, e anche in quelle di regista.

Assassinio sul Nilo ha presa sul pubblico, sembra che piaccia (agli altri, non a me) visti anche gli incassi dei primi giorni.
Eppure, se si è scaltri osservatori non è difficile intuire, già dopo poco tempo, chi ha premuto il grilletto della Calibro 22. Sì, perché si dedica poco spazio all’attesa e alla tensione, il che è un vero peccato visto il genere del film. E’ una corsa contro il tempo: in 127 minuti si deve raccontare tutto, ma il rischio, e Kenneth Branagh ha rischiato, è quello di rendere superficiali delle tematiche e delle narrazioni di alcuni personaggi. E’ vero che si tenta di parlare di razzismo e omosessualità, ma sono temi che non possono essere liquidati in maniera pressappochista come qui avviene. Cosa vediamo? Una stretta di mano tra due donne, e il racconto del successo della cantante blues, la signora Otterbourne, interpretata da Sophie Okonedo, senza analizzare in profondità la loro sofferenza passata. Non si conosce nulla dei personaggi, al di là della loro indisposizione nei confronti di Linnet Ridgeway Doyle (Gal Gadot), senza la quale, dopotutto, il film non prenderebbe slancio.

Di whodunit il cinema giallo ne è pieno: servono un morto, un detective e una stanza chiusa dove avviene il misfatto. Assassinio sul Nilo si avvicina a questo perché, al di là dell’ambientazione esterna che funge da sfondo, tutto si svolge sulla nave da crociera e lì la scomparsa della bella ereditiera dà il via alla caccia al killer. Eppure, non è il migliore film whodunit realizzato proprio per la maniera approssimativa con la quale Branagh sembra raccontare i personaggi. E’ il film su un cast interessante, che rimane in attesa di recitare la propria battuta.
Penso, invece, a Cena con delitto-Knives Out di Rian Johnson, e quello che accade tra le mura della villa della famiglia Thrombey: ci sono dei sospettati, ben presentati e a cui si dedica tempo narrativo, una villa isolata chissà dove, una ricca famiglia sempre più bramosa di ricchezza, e una giovane infermiera che con gli altri non ha niente a che fare. Ci sono ostilità, odio e voglia di rivalsa. Un po’ come accade a bordo del Karnak, il battello che si muove sul Nilo, eppure guardando il film di Johnson sembra di giocare a Cluedo, e mi duole dirlo, ma Branagh non riesce nella stessa impresa. A volte è meglio una storia semplice raccontata in maniera complessa, anziché tentare percorsi narrativi ingarbugliati che portano a un vicolo cieco.

La storia si svolge sulle sponde del Nilo a bordo del Karnak dove i neo sposi Doyle, Gal Gadot e Armie Hammer, trascorrono il viaggio di nozze, insieme ad alcuni ospiti, che condividono delle questioni in sospeso nei confronti della sposa Linnet: eredità, denaro, appartamenti a Londra. Dunque, sono tutti dei potenziali sospettati, ed è per questo motivo che una serie di sotto trame si intrecciano nel tentativo di depistare lo spettatore. 
Il Karnak è l’ambientazione perfetta: un luogo circoscritto, dalle numerose stanze, quasi claustrofobiche, dove ognuno dei passeggeri tenta di costruirsi un alibi.
Nonostante ciò, i riflettori sono tutti puntati sul detective Hercule Poirot, il vero protagonista, il personaggio che nasce dalla penna di Agatha Christie.
Un Poirot introdotto in una sequenza iniziale in bianco e nero, è il 1914 ed è in trincea.
Ciò che lì accade lo cambierà per sempre: non solo l’incidente nella battaglia dell’Yser che lo porterà a coprirsi il volto per anni, ma anche la perdita del grande amore Katherine.
Tutto, difatti, ruota attorno al tema dell’amore: dà il La alla gelosia, agli omicidi e all’ossessione che sul Karnak si sviluppano tra tragedia e mistero.

L’amore ossessivo – per un uomo, una donna o un figlio – è il tema centrale che vorticosamente si sviluppa, in una escalation di eccessive forme di amore malsano. Non è un sentimento che completa, ma Branagh mostra un amore che toglie. Qui si vede probabilmente il regista shakespeariano che non può non mettere in scena il dramma che consuma l’uomo.
Per fortuna, mi viene da dire, arriva Poirot che mette fine a questi melensi drammi d’amore, e si scende dal Karnak con l’assassino.
Il detective, però, non solo mette un punto al mistero sul Nilo, ma aiuta anche sé stesso facendo pace con il proprio cuore e Kathrine. Nasce in lui la voglia di amare in maniera sincera, dopo tanti anni di sofferenza.
Riesce ad andare oltre all’amore perduto, e forse sta iniziando realmente a provare dei sentimenti per un’altra donna. Sì, la sensualissima Sophie Okonedo che lo riconduce a sé dopo mesi dal delitto, e riesce a svelare, in tutti i sensi, il suo volto umano, sfregiato dall’incidente in trincea, ma che, ora, non teme più di mostrare.

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