Ennio
Regia 3
Soggetto e sceneggiatura 3
Fotografia 3
Cast 3
Colonna sonora 5

Dal battito di un metronomo siamo calati nello spazio quotidiano dello studio di Ennio Morricone, mentre si accinge al rituale mattutino della ginnastica le prime voci di chi lo conosceva accompagnano la preparazione del Maestro al concepimento di una partitura. Primi piani strettissimi, quasi a voler emulare lo sguardo leoniano volto a straniare lo spazio(tempo) ..

Summary 3.4 bello

Ennio

Dal battito di un metronomo siamo calati nello spazio quotidiano dello studio di Ennio Morricone, mentre si accinge al rituale mattutino della ginnastica le prime voci di chi lo conosceva accompagnano la preparazione del Maestro al concepimento di una partitura. Primi piani strettissimi, quasi a voler emulare lo sguardo leoniano volto a straniare lo spazio(tempo) circostante, libri, dischi, cianfrusaglie, spartiti. E inizia la fluviale intervista al direttore d’orchestra, compositore e arrangiatore, comodo nella sua poltrona, mentre Tornatore si fa da parte e lo lascia affondare con la voce, col ricordo, col ritmo della memoria nella storia della sua vita, che è la storia della sua musica, la storia del suo cinema. 

Ennio, presentato alla scorsa Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, a un anno dalla scomparsa di Morricone nell’estate del 2020 all’età di 91 anni, è un’intima e preziosa apertura del compositore, che si mette a nudo ripercorrendo i suoi primi passi nel mondo della musica, da un’Italia falcidiata dall’incubo bellico alla ripresa economica e culturale negli anni del boom, dalla RCA all’avventura italiana nel west cinematografico. La durata monstre rende conto di questo ritratto d’artista instancabile e inscalfibile, lucida ricognizione con cui ritornare alle sue composizioni più famose, svelarne le strutture nascoste, le simbiosi melodiche, cacofoniche, avanguardiste e classiche, un ricettacolo postmoderno prima che la musica stessa di Morricone diventi oggetto di ricombinazione nello scenario hip-hop e rock del nuovo secolo. 

Tornatore, regista e amico di Ennio, compone una sinfonia visiva a tratti imponente, attraverso un lavoro di minuziosa ricerca nei repertori di riferimento dell’audiovisivo italiano, dall’Istituto Luce alla Rai, ripescando frammenti degli show della RCA, di spot pubblicitari, dalle interviste al maestro Goffredo Petrassi alle apparizioni pubbliche e televisive di Igor Stravinsky e John Cage: tutti punti di riferimento nello scenario musicale e culturale in cui si forma il giovane ed emergente Morricone nella Roma del dopoguerra. Sulla via di Darmstadt fino all’avanguardia del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, la prima parte del documentario fa luce sulla formazione e i retroscena del compositore, sincero e umile a rivelare con profonda emozione le crepe nascoste e conflittuali dal rapporto irrisolto col padre Mario, anch’esso musicista (trombettista), a quello con l’anziano Petrassi che riconoscerà solo in ultima istanza la lungimiranza professionale di Morricone nel mondo della composizione cinematrografica.

Nel mentre, oltre alla voce protagonista, che si fa lamento del ricordo nel tempo che fu, ci sono le altre voci, con cui Tornatore infarcisce l’autoritratto del suo amico, raccogliendo una pluralità infinita di interventi che rischia di smussare l’intervista principale che basterebbe da sé ad avvincerci e se ne vorrebbe di più. Nell’appello figurano fin troppi nomi, critici, musicisti, registi e altri compositori, che si disperdono in un eccesso di superfluo che prevale sulla ricercata ricchezza internazionale di questo corpo di voci: da Hans Zimmer a John Williams (che direziona fin troppo banalmente la supposta rilevanza sulla tanto “bramata” statuetta hollywoodiana); dalla voce incorporea di Malick fino a Wong Kar Wai (in veste di produttore), la polifonia di questo coro, seppur piacevole (dal volto serafico di Bertolucci agli eterni occhi di ghiaccio del Biondo), risulta fin troppo diluita e stancante col passare dei minuti. 

C’è Ennio soltanto, con le sue emozioni, i suoi silenzi e sguardi nel vuoto, il movimento performativo delle mani tra il suo volto e la macchina da presa, a reggere questo documentario diligentemente istituzionale e canonico, mentre ricongiungono la memoria al viaggio per immagini nei suoi film e nelle collaborazioni cinematografiche più famose e durature del  cinema.  Non a caso forse gli aneddoti più entusiasmanti e curiosi che emergono dal discorso di Ennio nascono e finiscono con esso, nell’assenza in campo di Leone, Petri e DePalma, a eccezione di sottili minuzie di montaggio capaci di impreziosire l’alchimia tra il volto di un Ennio ammutolito, titubante e poi commosso mentre Gianni Morandi racconta il loro battibecco sulla genesi di In ginocchio da te.

È una testimonianza preziosa e ricca di un artista prima di tutto uomo, un viaggio alle origini di una carriera che ha segnato l’immaginario collettivo e popolare del secondo ‘900, restituita nei limiti di una forma documentaristica abbastanza canonica, priva di un taglio davvero personale nell’indagare, da parte di Tornatore, il fenomeno Morricone che, dall’alto della sua saggezza professionale e umana, si concede a noi prima di tutto, il Pubblico. E lo salutiamo come amici e spettatori, cuori e anime della sua voce musicale che si affidava prima di tutti i pareri a quello di sua moglie, Maria, che scommetto avrebbe voluto al suo fianco nel titolo, Ennio e Maria

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