Gruppo d’ascolto per dipendenti da Hogwarts

Gruppo d’ascolto per dipendenti da Hogwarts

Se una saga cinematografica viene trasmessa ogni anno in tv e ogni volta fa il pieno di ascolti, allora forse significa che è riuscita a entrare nel cuore delle persone. Se la stessa saga – ricordiamolo però, partita come letteraria – dà vita a un universo completo in tutto e per tutto, con un passato e un futuro, allora significa che forse alle persone non solo piace ma se ne sentono parte, vogliono viverla. E in un certo senso la vivono davvero con merchandising di ogni tipo, parchi a tema, esibizioni itineranti. La realtà e la fantasia cominciano quasi a confondersi. Proprio come per magia.

Le storie di Harry, Ron, Hermione e di tutto il mondo magico sono diventate parte integrante di una narrazione che sconfina ormai da anni dagli schermi di tutto il mondo, e ogni occasione è buona per tornare da loro e ampliare la conoscenza di un universo che ormai non è più di pura fantasia. Solo nel 2022 sono stati ben due gli appuntamenti che ci hanno riportato drittǝ a Hogwarts: l’anno è cominciato con Harry Potter 20th anniversary – Return to Hogwarts ed è proseguito con Animali fantastici – I segreti di Silente. Due opere che – in parte interessanti, in parte deludenti – hanno contribuito a non spegnere la luce su un universo al quale, ne siamo sicure, difficilmente si potrà mettere la parola fine. Oggi anche BILLY apre le porte del mondo di fantasia più reale che ci sia, quello di Harry Potter. E allora, Alohomora.

Quindi, dopo l’uscita di Animali Fantastici – I Segreti di Silente vi raccontiamo i nostri conflitti interiori, quelli che ci hanno portato, in un caso, a decidere di vederlo e nell’altro a sentire una sorta di rifiuto. BILLY apre al pubblico le porte del gruppo di ascolto per fan accanitǝ di Harry Potter, un gruppo che due redattrici conoscono bene perché ne sono parte attiva e socie fondatrici. Chiudete la vostra copia de Le fiabe di Beda il Bardo e concentratevi sulle storie di due ragazze che, in modo diverso, sono rimaste vittime della stessa dipendenza.

Sono Martina, ho 26 anni e sono una Tassorosso.
Essere una grande fan della saga di Harry Potter ha causato in me diversi problemi e dubbi esistenziali. È giusto che la mia stanza sia stracolma di oggetti a tema? È giusto che io veda per la millesima volta un film che ho già visto invece di qualcosa di nuovo? I miei amici mi dicono di no, ma la mia risposta è sempre sì. Nel corso dei miei 26 anni di vita ho guardato la saga per intero un numero inquietante di volte, e sinceramente non me ne pento neanche un po’. Il primato spetta a Harry Potter e la pietra filosofale dato che prima dello streaming, di Sky Cinema e addirittura di eMule ne ho divorato la videocassetta. Pur sapendo a memoria molte delle battute del film, non ho esitato un secondo ad aprire il mio portafoglio per andare a (ri)vederlo al cinema quando lo hanno riportato nelle sale per il ventennale alla fine dello scorso anno. Ho avuto però ben più di un’esitazione prima di andare a vedere Animali Fantastici – I segreti di Silente. Ma faccio un passo indietro.

Quando la saga di Animali Fantastici è stata annunciata io non ho potuto fare a meno di provare un brivido lungo la schiena. Stava ricominciando, stavo per avere una nuova storia dal mondo magico e io ero come una bambina la mattina di Natale. Poi ho guardato Animali Fantastici e dove trovarli e ho scoperto che Babbo Natale non esiste. No, quello non aveva niente a che vedere con Harry Potter e non mi restava altro che farmene una ragione. Col senno di poi, quello era il momento giusto per mettere un punto alla mia dipendenza – o come è nello stile di BILLY, perversione – ma non è stato così. Sono stata tentata, ho guardato il secondo e sono rimasta delusa di nuovo. E poi, dopo essermi raccontata a lungo che per me era finita, mi è bastato un “Marti, andiamo a vedere Animali Fantastici?” per caderci di nuovo. Grande forza di volontà, Martina. Brava.

È che il mondo magico ha nei miei confronti una forza di attrazione che proprio non riesco a contrastare. Se so che in un film ci sarà la parola Hogwarts, io devo vederlo. Se so che c’è anche una remota possibilità che si vada nella Sala Grande o a Hogsmeade, io ho bisogno di una proiezione di quel film. Animali Fantastici – I segreti di Silente ha placato per un paio d’ore i miei bisogni: ho sorriso quando si è aperta la porta della Stanza delle necessità e ho provato una certa emozione quando ho rivisto il quadro di Ariana dal quale Harry, Ron e Hermione entrano di nuovo a Hogwarts nell’ultimo film della saga (quella vera). Ma basta così, niente più di questo. La storia non è stata particolarmente intrigante, ho un’antipatia abbastanza radicata per un paio di personaggi importanti che mi ha quasi portata a tifare per Grindelwald e ci sono alcuni passaggi narrativi durante i quali mi sono chiesta “Ma perché?”. Insomma, non è stato un gran film. Anzi, direi che è stato un palliativo nemmeno troppo efficace per la mia dipendenza.

La morale della favola è che quando ho una delle mie crisi da astinenza da Hogwarts, mi sa che è meglio mettere di nuovo su Harry Potter e la pietra filosofale. Ma ciò non significa che io abbia davvero imparato la lezione: sono sicura che quando uscirà il prossimo film della saga di Animali Fantastici, al cinema ci sarò anche io.

Sono Noemi, ho 27 anni e nonostante abbia sempre pensato di essere una Grifondoro, sono una Tassorosso.
Arriva in sala Harry Potter e la pietra filosofale e mio padre non ci stava più dentro dalla gioia, allora porta me, mia sorella e i miei cugini al cinema. Quell’evento ha segnato l’inizio di una dipendenza che solo negli ultimi anni sembra essersi affievolita (o almeno questo è quello che mi racconto). Poco dopo scopro che mia zia (anche lei adultissima, ma forse non c’è neanche bisogno di specificarlo) ha tutti i libri della saga usciti fino a quel momento, li requisisco immediatamente (credo di averglieli restituiti, anche quelli usciti successivamente, solo un paio d’anni fa, scusa zia!). Da quel momento ho iniziato a leggere e rileggere i libri magici fino ad arrivare in pari con le uscite dei film. A quel punto si ricominciava da capo e ogni estate, per me e mia cugina, era diventato un rito passarci i libri per tornare a Hogwarts ancora e ancora. E allora film, libri, discussioni, forum online e offline: Harry Potter era diventato parte della mia esistenza quotidiana. Ed è andata così fino alle prime delusioni degli ultimi film e degli ultimi libri (avremo modo di parlarne in questo gruppo di ascolto).
In ogni caso, però, i film andavano riguardati ogni volta che si presentava (o si creava, diciamocela tutta) l’occasione, i gadget andavano comprati comunque – ché quella di Harry Potter è una setta ampissima in cui abbiamo bisogno di riconoscerci -, passando da Londra non potevo non andare al binario 9 e 3/4 per vederlo almeno da lontano (da lontano solo perché, confesso, i genitori dei bambini in fila per fare la foto mi guardavano malissimo).

Poi però hanno tirato fuori Animali Fantastici e lì ho capito che c’era qualcosa che non andava. Non ero stanca di Harry Potter, non ero stanca dell’universo magico, è che il nuovo corso che stavano dando alla saga aveva qualcosa di sbagliato. Suonerà un po’ come “non sono razzista, ma…”, ma se è vero che i fan e le fan sono generalmente molto critici e critiche verso tutto ciò che non è “l’originale”, è vero anche che Animali Fantastici è un fan service che, per me, non ha funzionato a dovere. Eppure vivo con un tremendo senso di colpa perché di Animali Fantastici, io, ho visto solo il primo film. E, per di più, non sono andata a vederlo neanche al cinema. Ed è proprio qui che la mia dipendenza si palesa in tutto il suo disagio: si cela nel senso di colpa. Come se abbandonare il mondo magico mi rendesse “non abbastanza fan”. Abbastanza per cosa, poi, non l’ho ancora capito, ma sono certa che un confronto con Martina scioglierà ogni dubbio.

A mia discolpa, comunque, confesso che – forse per vendicarmi dei bambini a King’s Cross – ho preso un sacco di figurine di Harry Potter in regalo al Conad, anche perché, nonostante non indossassi i miei calzini di Grifondoro, sono sicura che il cassiere, quando doveva darle via, ha letto nel mio sguardo una dipendenza “affievolita”.

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