Il mondo dei reietti di Wednesday

Il mondo dei reietti di Wednesday

Quando è stato dato l’annuncio che Mercoledì Addams avrebbe fatto ritorno sui nostri schermi dopo trent’anni di assenza, un uragano di sana nostalgia si è abbattuto su una generazione intera di persone – giovani ma ormai neanche troppo – cresciute a pane e film anni Novanta, me compresa. Persone che non sapevano di averne bisogno, ma che dopo essersi trovate davanti il trailer di Wednesday si sono accorte di quanto della primogenita della famiglia Addams si sentisse la mancanza. Mercoledì, colei che ha fatto dello stile gotico e delle perenni trecce il suo marchio di fabbrica, è tornata con una nuova storia che la vede protagonista, lontana da quella famiglia che è per lei croce e delizia pur restando a questa sempre indissolubilmente legata.

Nevermore: un mondo altro e come il nostro

Il racconto di Wednesday, serie nella quale lo zampino di Tim Burton si fa sentire ma nemmeno troppo, si allontana da casa Addams per farci entrare dritti alla Nevermore Academy, una scuola per reietti nella tranquilla (si fa per dire) cittadina di Jericho. In questa categoria – per quanto mi disturbi chiamarla tale – può essere inclusa una serie davvero consistente e sfaccettata di persone considerate strane, da tenere alla larga, ai margini della società: lupi mannari, sirene, mutaforma, persone con poteri psichici di ogni ordine e sorta sono i benvenuti alla Nevermore, che li accoglie permettendogli di essere se stessi e di coltivare le proprie abilità. Tutto bellissimo, se non fosse per il fatto che in questo microcosmo si verificano delle dinamiche che non sono poi molto diverse da quelle che si vivono fuori da quei maestosi cancelli.

Mercoledì viene mandata alla Nevermore dopo aver buttato dei piranha nella piscina in cui i bulli di suo fratello sguazzavano allegramente. Insomma, il suo spirito da sorella maggiore non ha molto a che vedere con quello che si riscontra generalmente tra fratelli e sorelle. Ma non è solo la sua passione per il macabro a renderla una reietta: ha dei poteri psichici di non poco conto che producono visioni del passato e del futuro, e anche dal punto di vista sociale non si può dire che sia l’anima della festa. A Mercoledì non piace socializzare, non sorride, non piange, non manifesta né emozioni né affetto, o almeno non nel senso tradizionale del termine (e la storia dei piranha ne è la prova provata). Tra lei e il mondo in cui viviamo ci sono delle differenze sostanziali che portano Morticia e Gomez a scegliere di mandarla nella scuola che loro stessi avevano frequentato, dove si sono innamorati e dove credono e sperano che la figlia possa trovare il suo posto. E questo effettivamente accade, ma in tempi tutt’altro che immediati.

Wednesday, una reietta tra i reietti

Se è infatti vero che Nevermore è stata creata proprio per ospitare coloro che nella società sono considerati persone da allontanare, è altrettanto vero che, almeno all’inizio della serie, gli stessi alunni della scuola non sembrano poi troppo aperti nei confronti di Mercoledì. Tra chi la guarda dall’alto in basso e chi invece con una certa aria di disprezzo, in pochi a parte Enid sembrano amichevoli verso di lei: vogliono sapere se ciò che si dice di lei è vero e la considerano strana, si allontanano da lei. Insomma, nelle prime puntate della serie Mercoledì è una reietta tra i reietti. E non è l’unica. Enid, nonostante la sua personalità sia totalmente agli antipodi rispetto a quella della sua compagna di stanza, si ritrova a suo modo a vivere una condizione di solitudine, spesso lontana da un branco che non la fa sentire integrata per non essersi ancora trasformata in lupo. Enid nasconde il suo dolore sotto strati di colore, Mercoledì se ne frega, ma entrambe vivono una condizione che le rende diverse in un mondo di diversi.

Anche in un contesto come la Nevermore Academy la differenza e la distanza – esattamente come nel nostro mondo – sembrano farla da padrone. Una distanza che proprio come quella che siamo abituati a vivere viene colmata solo quando è il diverso a omologarsi. Non è solo la comunità della Nevermore ad accettare Mercoledì per quella che è, ma è anche e soprattutto la stessa Mercoledì a essere in qualche modo plasmata dal suo ambiente, arrivando a un abbraccio che è quanto di più “normale” le si possa chiedere. E nel momento in cui comincia ad adeguarsi al sistema, il sistema comincia ad accoglierla sempre più, sempre meglio.

Ma come è possibile tutto ciò? Come possono le persone che in Wednesday sono allontanate dalla società allontanare a loro volta chi non rispecchia e rispetta i loro canoni? Sembra proprio che quello di tracciare una linea netta tra ciò che è considerato normale e ciò che non lo è sia un bisogno innato per noi esseri umani, almeno tanto quanto respirare, dormire o mangiare. Sentiamo questa necessità di definire, di delimitare un perimetro di accettabilità nel quale vogliamo essere assolutamente inseriti. E questo, a quanto pare, vale tanto per i “normali” quanto per i reietti, è qualcosa di talmente ancestrale da superare anche il fatto di essere o meno persone che la società accetta. E se prendiamo proprio la società come un cerchio all’interno dei cui confini vogliamo posizionarci, non solo ci sarà sempre qualcuno che ne resterà fuori, ma continueranno a crearsi cerchi sempre più piccoli, ancora e ancora, sottogruppi dai quali qualcuno sarà puntualmente escluso. E se nemmeno Mercoledì Addams, colei che è da sempre considerata emblema della libertà di essere se stessi, riesce nell’intento di distaccarsi con freddezza da schemi imposti da altri, allora come pretendo di farlo io, che se qualcuno nel mio gruppo ride penso sempre che stia prendendo in giro proprio me?

Wednesday era l’ultimo barlume della speranza di poter uscire da questo circolo vizioso fatto dalla voglia di essere accettati dagli altri e dalla volontà di essere sempre altri da sé. E allora forse questo bisogno di una normalità tanto ricercata quanto inesistente è una condanna dalla quale nessuno potrà liberarci.

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