The Matchmaker

The Matchmaker

Per difendersi avevano i figli al loro fianco e un AK-47 nelle mani. Combattevano. Si facevano esplodere. Se chiedi a loro non rispondono. Sono state addestrate a dire di essere state costrette a venire.

Costrette, persuase, piegate, vittime. Questa è la versione della Storia che vuole le donne accessorie, passive, rassegnate. The Matchmaker racconta le donne, e in particolare quelle che si sono unite allo Stato Islamico, spingendosi al di là degli stereotipi che le vogliono deboli e succubi della tradizione, della fede, dell’abitudine, o ancora meglio, se possibile, tiranneggiate da un uomo. Migliaia di donne hanno lasciato l’Occidente per unirsi all’ISIS in Siria: una scelta profonda capace di dirci qualcosa sullo Stato Islamico, ma in grado di raccontarci molto di più sull’intima crepa che lacera la nostra società.

Per Benedetta Argentieri raccontare Tooba Gondal, una delle più famose jihadiste britanniche, ha significato «descrivere il ruolo centrale delle donne nello Stato islamico – donne che sono state madri, mogli, reclutatrici, combattenti e molto altro. E soprattutto capire che nessuno di noi è solo male o solo bene: la sfida è stata raccontare le sfumature».

Tooba Gondal ha 20 anni, esce di casa senza salutare i genitori, prende un aereo, poi un autobus. Viaggia di notte, ma senza lo hijab questa volta, per non dare nell’occhio. È diretta al confine. Vuole oltrepassarlo. Varcare la soglia di quella che crede una nuova casa, una nuova vita. Libera, finalmente.

Abbandona gli studi universitari di letteratura inglese, una famiglia amorevole, la casa confortevole di Londra, gli amici. Si congeda da un’esistenza che sembrerebbe averle concesso tutto. È diretta a Daesh, lo Stato Islamico, per sposare un miliziano dell’Isis.

In breve tempo diventa una delle più note e feroci jihadiste del mondo, accusata di aver reclutato molte donne occidentali per portarle in Siria e darle in sposa ai combattenti (e per questo ribattezzata “The Matchmaker”). Si nasconde dietro lo pseudonimo di Umm Muthanna, condivide estremismo e violenza. Esulta per le stragi. Inneggia alla morte degli infedeli. Quando l’Isis inizia a perdere terreno, Gondal scompare da Internet.

La regista e giornalista Benedetta Argentieri la rintraccia in un campo di prigionia in Siria nel 2019 e dà vita ad uno straordinario progetto documentaristico che vede Gondal protagonista di una lunga intervista: più di 7 ore di girato alternano il continuo lavoro di fact-checking con domande dure e repliche faticose, talvolta imperscrutabili.

Davanti alla telecamera Tooba Gondal sorride amichevole, remissiva. Si racconta alludendo allo stereotipo patriarcale più antico del mondo: una giovane spontanea e inesperta, inappagata dall’illusorio benessere borghese, soggiogata dall’uomo sbagliato.

La sua versione della storia gioca con il pregiudizio sessista e tipicamente occidentale che vede le donne della Jihad solo come accessori e non come soggetti attivi. Si pente di ogni cosa. Vuole tornare a casa. Ma le contraddizioni esplodono provocando una voragine di senso: quella ragazza che ingenuamente presta attenzione al colore dello hijab indossato davanti alla telecamera, che nega ma non ricorda, è consapevole del furioso potere propagandistico che ha esercitato?

The Matchmaker (così come i precedenti lavori di Argentieri Out War e I Am the Revolution) tenta di sbarazzarsi del costrittivo inganno narrativo che vuole le donne vittime della Storia. Argentieri ospita nel suo girato le affermazioni di Gondal, mostrando tutta la sua curiosità senza mai essere inquisitoria. La
doppiezza dell’auto-narrazione di Gondal affiora senza forzature anche grazie alle testimonianze di altre prigioniere che confermano la partecipazione attiva delle donne nella tratta di schiave yazide, contraddicendo le dichiarazioni di Gondal.

Tooba ignorava davvero la brutalità persuasiva che esercitava digitando odio o è tuttora una minaccia? Perché dopo aver visto morte e sopraffazione, dopo aver conosciuto la solitudine e la radicalizzazione, ha comunque incoraggiato altre donne a compiere le sue stesse scelte? E perché tante persone hanno lasciato l’Europa per unirsi allo Stato Islamico? Quando non possiamo rintracciare semplicistiche spiegazioni alludendo a ragioni socioeconomiche, né accusare il maschilismo imperante di quelle che consideriamo forme sociali arcaiche di aver plagiato deboli menti, come possiamo fornire una spiegazione anche lontanamente accettabile capace di motivare una scelta così sconcertante?

Se così tante persone sono andate lì, da che cosa sono scappate qui?

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