Dove nessuno guarda

Dove nessuno guarda

Dove nessuno guarda è tante cose. È un podcast e anche una docuserie.
È poi una summa dei vari temi che abbiamo trattato nell’ultimo anno: dalla fascinazione per il serial killer, all’iconicità delle storie e delle persone, al dilemma morale, all’indagine.
Un’indagine che coinvolge città, Stati, persone, istituzioni ed emozioni.

Dove nessuno guarda è forse l’emblema del significato originario della parola indagine e cioè, come ha scritto Matteo Lolletti nell’editoriale: «spingere la selvaggina in un recinto con reti». Anzi, la narrazione accompagnata dalla voce profonda di Pablo Trincia, prima di tutto crea quel recinto, individua la “selvaggina” e poi identifica le reti.

Il recinto

Davanti alla scelta di “guardare” e quindi “riconoscere” l’assassino c’è una città intera. Attraverso l’escamotage del quadro al cui centro c’è Danilo Restivo (sporco di sangue), vediamo che attorno a lui ci sono familiari, “amici”, conoscenti, persone facoltose di Potenza che in questa storia hanno avuto sicuramente un ruolo.

Sempre Matteo Lolletti: «la colpa, per parafrase Freud, ci mette al centro del quadro e della vita di coloro rispetto ai quali siamo colpevoli, anela alla punizione, desidera l’interesse e agisce la potenza di incidere e di non essere indifferenti, quanto piuttosto importanti». 

L’ascolto del podcast ci porta proprio dentro il quadro al cui centro c’è Danilo Restivo e attorno a lui le persone che non vogliono vedere quella colpa di cui parla Freud. E infatti, scegliere una strada piuttosto che un’altra, imboccarla e prendersi la responsabilità delle proprie azioni per quanto possa sembrare cosa ovvia, in realtà può far scaturire un conflitto che può minare le basi della propria consapevolezza. E così succede ai protagonisti dell’indagine di Pablo Trincia che non possiamo semplicisticamente suddividere in due categorie, i buoni e i cattivi, perché dietro (e dentro) ogni persona c’è molto di più. 

Dove nessuno guarda costruisce un recinto fatto di eventi, di parole dette (e non dette), di dinamiche di potere che spingono gli eventi fino al punto di non ritorno. È un recinto che non si percepisce da subito, che appare sfumato, quasi invisibile, annebbiato, ma che, a mano a mano che si approfondisce il caso, come in una giornata invernale la nebbia si dirada e le staccionate appaiono davanti a noi. 

Le reti

Non esiste soltanto uno strumento che possa imbrigliare o ingabbiare quella selvaggina di cui si è parlato prima. Ne esistono tanti che fanno parte di diversi mondi. Da un lato Dove nessuno guarda mentre ricostruisce il caso di cronaca entra in contatto con testimonianze inedite, con personaggi mai chiariti del tutto permettendo quindi di sciogliere le reti che serviranno successivamente. Dall’altro lato poi è lo stesso podcast che si fa rete, diventa uno degli strumenti atti a chiudere la selvaggina nel recinto. Il clamore che ha suscitato nel pubblico, la sua potenza evocativa l’hanno fatto diventare subito uno dei prodotti mediali più ascoltati di sempre, ma non solo. È diventato anche strumento collettivo in cui riconoscersi e riconoscere le colpe. Non a caso, infatti, una delle puntate è stata oggetto di un ascolto collettivo a Potenza, proprio fuori dal luogo in cui Elisa Claps è stata uccisa, la Chiesa. 

La selvaggina

Ma cosa deve ingabbiare, o meglio, recintare Dove nessuno guarda? Forse le colpe e i colpevoli: infatti, le dinamiche di potere che compongono quel recinto di cui abbiamo parlato prima, anche in una città relativamente piccola come Potenza, hanno un ruolo fondamentale dall’inizio, da quando Danilo Restivo torna a casa sporco di sangue. Le colpe quindi delle persone coinvolte, una volta terminato l’ascolto, sembrano essere chiare, razionalmente riusciamo a distinguerle e quindi, appunto, a recintare. 

Poi ci sono i colpevoli che fanno il paio con le colpe, ovviamente, ma che portano con sé quella responsabilità della scelta con cui non hanno fatto pace. Ed è proprio questo “particolare tipo di selvaggina” che viene ingabbiata grazie al podcast, perché riconoscere le proprie colpe, mettersi al centro del quadro è uno dei passi per rendersi consapevole delle scelte fatte. 

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