Cercasi amore per la fine del mondo
Regia 3
Soggetto e sceneggiatura 4
Fotografia 2
Cast 0
Colonna sonora 3

Norah: “There’s this part of Judaism that I like. It said that the world is broken into pieces and everyone has to find them and put them back together. Nick: Maybe we don’t have to find it. Maybe we are the pieces.  Ritagli, resti, pezzi, tasselli… Se il cinema di Lorene Scafaria si fonda su qualcosa di ..

Summary 2.4 normale

Cercasi amore per la fine del mondo

Norah: “There’s this part of Judaism that I like. It said that the world is broken into pieces and everyone has to find them and put them back together.

Nick: Maybe we don’t have to find it. Maybe we are the pieces. 

Ritagli, resti, pezzi, tasselli… Se il cinema di Lorene Scafaria si fonda su qualcosa di “materiale”, non c’è dubbio che si tratti di questo. Pellicole e scripts, dopotutto, parlano chiaro. Il riferimento ai frammenti-umani che nella sua prima sceneggiatura aveva coronato una gran bella storia d’amore (Nick and Norah’s Infinite Playlist), diventa nel debutto dietro la macchina da presa origine e fine dell’intero racconto. Fedele tanto a tale principio quanto all’etichetta di commedia drammatica fin dalla prima sequenza – spassosissima e allo stesso tempo tragica – Cercasi amore per la fine del mondo (Seeking a Friend for the End of the World) è un gustoso puzzle di accenti, umori, suoni e memorie.

Ben riassunta dalla battuta di Norah in esergo, come spesso accade, la sua trama è il solito puro pretesto per lasciar spazio ad altro.

La “strana coppia” Knightley-Carell, ad esempio. Inaspettatamente affiatata e ben equilibrata – così come lo era quella formata dal finto indeciso Michael Cera e dalla falsa sfigata Kat Dennings – è proprio lei a rendere il testo credibile e al tempo stesso poetico. Distratto e fatalista lui, ipersonne e ottimista lei, i due “ultimi uomini sulla Terra” da loro incarnati si presentano subito come quintessenzialmente complementari. Opposti e, forse per questo, perfetti insieme, l’americano Dodge – in inglese “schivare/evitare” – e  l’inglese Penny s’incontrano nel nome del caso, si conoscono in stato di emergenza e finiscono col donarsi vicendevolmente l’unica fine del mondo possibile.

Dalla distopica e grigia Grande Mela alla più verde e vitale provincia americana, il viaggio-ricerca dei due eroici outsiders è temporale più che spaziale. Sa di Proust oltre che di Kerouac. È tutto percorso e poca, pochissima meta. Guarda tanto al passato e molto poco al futuro.

Sullo sfondo di un mondo in cui il presente corre rapidissimo e il domani si riduce agli istanti che anticipano la fine di tutto, infatti, l’angoscia per l’imminente epilogo non può che essere placata dalla nostalgia. Dal ricordo di un passato lontanissimo e incantato, fatto di musica, calore umano, colori brillanti e sprazzi di malinconica saggezza popolare. Come quella che, tra le righe, il film sembra suggerirci fin dalla prima apparizione della sua protagonista. “See a penny, pick it up, all day long you’ll have good luck, give it to a faithful friend, then your luck will never end.” recita l’antico detto. E anche lo spettatore più distratto, alla fine, non può che dargli ragione.

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