Nei sotterranei, dove nasce la magia

Un mese fa ho partecipato alla gita organizzata dalla Pro Loco dell’isola di Tobago, dove vivo. A me le gite per vecchi organizzate dalla Pro Loco di solito fanno un po’ schifo, ma questa, negli Stati Uniti, era una bomba: visita alla chiesa di Santa Maria in Hollywood, pranzo al sacco al parco Cinque Pini di Los Angeles, e poi tour con guida negli studi della Dreamworks. Il problema è che il tour era in trenino elettrico. Salito sul trenino elettrico, dopo la prima curva ho vomitato sulla signora davanti. La carovana allora mi ha lasciato lì, in ginocchio per terra, assieme a un inserviente degli studios che mi porgeva kleenex, ed ha proseguito la corsa. Lui (l’inserviente) era mortificato. Disse che senza trenino in giro non si poteva andare, però se volevo potevo accompagnarlo, stava infatti portando viveri ai ragazzi in sala sceneggiatura, e avrei potuto vedere l’unica cosa che il tour in trenino non prevedeva: il luogo segreto dove nasce la magia. Io imprecai, ma chi cazzo se ne frega della sceneggiatura, siamo nel 2013 santoddio, volevo vedere megatecnici al lavoro su megacomputer mentre riproducevano con fotosciop gli animali in semilibertà di cui gli studios, immagino, fossero pieni.
Però alla fine accettai, avevo pagato per la gita e non intendevo starmene tutto il tempo a vomitare sul parquet aspettando che i vecchi tornassero felici e urlanti: “Abbiamo visto il panda che fa kung-fu, un’emozione!”

L’inserviente partì e io lo seguii. Imbucammo una porta col maniglione antipanico, per poi scendere le scale. Finimmo in un piano che sembrava un sotterraneo di ospedale: neon malandati illuminavano un piccolo corridoio sul quale si affacciavano porte di metallo rigorosamente chiuse. Appoggiati alle pareti dei corridoi, sacchi dell’immondizia serrati da cui provenivano tanfi incomprensibili, un misto tra ormone di formica e piscio di gatto con gli stivali. “Siamo arrivati – disse l’inserviente, mentre con delicatezza spingeva la maniglia di una porta cigolante – qui è dove vengono scritti i film Dreamworks. Preparati”.
Dentro, uno stanzone gigante, luci soffuse. Musica in sottofondo: Spice Girls. Un uomo pelato e occhialuto lavorava al computer, occhi fissi sullo schermo e aria malinconica. “Lui è Roger, scrive i soggetti” mi sussurrò all’orecchio l’inserviente, e gli andò ad appoggiare un panino sulla scrivania. Roger ruttò. “Sai, Roger è un po’ stanco, lavora venti ore al giorno per due dollari all’ora, dal 2003 non fa un giorno di ferie. E’ normale vederlo provato”. In mezzo alla sala c’era un recinto, e dentro il recinto un maiale bello cicciotto si rotolava su un tappeto di tastiere da computer. “Lui è Morris. Scrive la sceneggiatura. Cioè, si rotola sulle tastiere, collegate a un megacomputer che raccoglie le lettere pigiate, le divide per paragrafi e ne stampa il risultato. I fogli poi finiscono a Paul, laggiù in fondo. Paul studia i dialoghi”. Laggiù, in fondo, un cane abbaiava davanti a un microfono. L’inserviente portò un osso a Paul.

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