Un’icona particolare

Un’icona particolare

Un’icona è e non può non essere. Possiamo prendere in prestito e modificare l’espressione di Parmenide per analizzare il ruolo che le icone hanno nella vita di ciascunə di noi. 

L’icona è tale perché «spersonalizza ed eterna la vita», come dice Matteo Lolletti nell’editoriale, perché rende concreto un insieme di valori, li universalizza. L’antitesi dell’icona, dice sempre il Direttore di BILLY, è il simulacro che «attualizza qualcosa che è irrappresentabile». E nella nostra contemporaneità questo è evidente in quanto ci nutriamo voracemente di immagini, permettendo a queste ultime di prendere «il posto del reale, sgretolando il quotidiano per ricrearne uno totalmente differente che vive come simulazione».

Simulacro allora, forse, diventa il termine più adatto per descrivere il fenomeno che si è venuto a creare dietro alla persona di Sugar Man, Sixto Rodriguez. La sua carriera musicale è stata tanto intensa quanto veloce: una meteora, un’icona decaduta, un simulacro perdurante. 

Negli Stati Uniti degli anni Settanta Sugar Man pubblica due dischi che vendono pochissime copie, l’etichetta discografica lo abbandona e lui continua a fare l’operaio. Non potrebbe essere più lontano dal diventare un’icona, e invece…

Invece succede che a sua insaputa diventa un’icona per i sudafricani che vivono sotto il regime dell’Apartheid, che i suoi testi vengono cantati anche se censurati, che là, nel paese più a sud del continente africano, è un idolo che combina arte, attivismo e lotta. 

I testi scritti da Sixto Rodriguez parlano di marginalizzazione, di mancanza di ascolto, di oblio, concepiti a partire dalla realtà stessa abitata da Sugar Man fatta di fabbrica, di rumori assordanti e di povertà. Pur parlando di classe operaia (e a Detroit, dove viveva e vive tuttora, la maggior parte delle persone appartenevano a questa classe) non riesce a imporre i suoi testi. 

Trova però terreno fertile in Sudafrica dove, come abbiamo detto, diventa un’icona. Lì le sue parole diventano inni alla protesta, si trasformano in immagini da coltivare e seguire, diventano lo strumento per sfondare la gabbia dell’oppressione. 

Ecco che quindi ci si può chiedere: come si può diventare un’icona soltanto per una “piccola” parte di persone? Perché i suoi testi in una determinata parte del mondo assurgono a valori universali? 

Il grado di universalità è scisso, se osserviamo il fenomeno Sugar Man, dall’essere o meno un’icona. O meglio, la sua figura realizza la vera caratteristica del simulacro, attualizza qualcosa di irrappresentabile. Erano irrappresentabili le proteste e il dissenso. 

Quindi ci si potrebbe chiedere: cosa rende una persona un modello da seguire? Perché non si è creata questa convergenza anche nella sua città natale? Perché Britney Spears, Michael Jackson, Rihanna, Beyoncé si sono impostə come icone a livello globale mentre Sixto Rodriguez non ci è riuscito? 

Non siamo qui a dare soluzioni, come si legge sempre nell’editoriale, ma possiamo sicuramente affermare che il documentario Searching for Sugar Man ha ridato nuova forza alla figura del cantautore di Detroit universalizzando la sua figura. L’ha fatta conoscere al mondo. Il documentario ha quindi reso attuale qualcosa che era irrappresentabile, l’ha reso simulacro. 

Non ci troviamo quindi davanti alla riscoperta di un’icona del passato e alla sua rappresentazione, ma al contrario siamo davanti all’esistenza di un simulacro che esiste nonostante il suo esistere. Siamo davanti a un culto del cargo, a una figura che è molto più vicina alla concezione religiosa di icona che a quella contemporanea. 

In fondo quindi è pur vero che un’icona è e non può non essere.

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