Barfly

Barfly

Barfly, USA, 1987, Barbet Schroeder (R.), Charles Bukowski (Sc.)

Ci fu un tempo, neanche troppo lontano, in cui lo sceneggiatore non era in crisi come oggi, in cui le idee cinematografiche non campeggiavano sugli scaffali di una libreria o di una fumetteria. Ci fu un tempo in cui questo iter scrittore-romanzo-sceneggiatura-film veniva privato di alcuni passaggi che potevano rendere il risultato finale diverso dalle aspettative iniziali. Un tempo in cui le sceneggiature dei film venivano affidate direttamente agli scrittori. Un esperimento di questo genere, interessante anche per i risvolti personali e letterari che ne seguirono, fu Barfly. Il film esce nelle sale, per la regia di Barbet Schroeder, nel 1987, con la sceneggiatura firmata da Charles Bukowski. Lo scrittore e poeta si avvicina a Hollywood con il classico scetticismo che caratterizza un personaggio fuori dalle righe, quale egli era, verso il mondo (in)dorato del cinema, riuscendo a non tradire né se stesso, né la sua letteratura e la sua poetica: il film è infatti in linea con tutta la produzione letteraria e poetica dello scrittore che non rinuncia al suo linguaggio sporco e diretto, a quei luoghi e a quelle ambientazioni che diventano spesso non-luoghi (bar, motel), e a quei personaggi che vivono ai margini della società, come Henry Chinaski, già protagonista di numerosi lavori di Bukowski, il suo alter ego letterario, la sua voce e la sua salvezza. Chinaski è lo specchio del suo creatore, la voce tramite cui distrugge il sogno americano e attraverso cui riesce a esorcizzare la morte, è l’ancora di un salvataggio di un mondo che se non riesci a raccontarlo ti trascina in fondo e ti distrugge con la monotonia e la quotidianità. Henry Chinaski diventa protagonista anche del romanzo successivo, nel quale Bukowski scrive proprio della sua esperienza come sceneggiatore mettendo a nudo tutte le facce e le dicotomie di una Hollywood decadente e decaduta, impegnata a mostrare le luci della ribalta per cercare di nascondere il marcio della propria vanità.

logo

Related posts

Servant

Servant

O del servo dei servi di Dio È difficile scrivere qualcosa di provvisto di senso su Servant, dopo quanto di cruciale Giulio Sangiorgio su FilmTv ha saputo individuare, in termini di domande da porre, verità da dire e realtà da abitare all’interno di quella che resta una delle serie più...

Scissione

Scissione

O del realismo capitalista Scissione è un prodotto distopico, nei termini in cui la distopia si declina oggi: un mondo non distante, molto prossimo se non addirittura contemporaneo al nostro, una situazione riconoscibile e praticabile, possibile e famigliare, personaggi con vite del tutto...

#Venezia80: Hokage – Shadow of Fire, di Shinya Tsukamoto

#Venezia80: Hokage - Shadow of Fire, di Shinya Tsukamoto

Il rapporto di Shinya Tsukamoto con la Mostra del Cinema di Venezia prosegue ormai da più di vent’anni, da quel 2002 in cui la giuria gli assegnò il Premio speciale per quello che resta tutt’oggi uno dei suoi massimi capolavori, ovvero A Snake of June. E’ nota (ma forse non troppo) la...