L’opportunità di fare in modo diverso

L’opportunità di fare in modo diverso

Quando nel maggio del 1968 le rivolte che stavano riempiendo le piazze di Parigi arrivarono anche sui red carpet di Cannes in cui si stava svolgendo l’annuale Festival del Cinema, così distante dalle barricate e dalle rivendicazioni studentesche, François Truffaut e Jean-Luc Godard lessero un comunicato, a nome de Gli Stati Generali del cinema francese, in cui manifestarono la volontà «di opporsi insieme ai loro colleghi stranieri, con i mezzi a loro disposizione, alla continuazione del Festival, al fine di mostrare la loro solidarietà ai lavoratori e agli studenti in sciopero, di protestare contro la repressione della polizia e di esprimere così la loro volontà di contestare il potere della polizia e l’industria cinematografica odierna». Quell’edizione del Festival venne poi annullata e Godard si rivolse ai registi che non vollero aderire alla contestazione con la celebre frase: «Io vi parlo di solidarietà agli studenti e agli operai, e voi mi parlate di carrelli e primi piani! Stronzi!».

A partire da quel maggio e fino a circa la metà degli anni ’70 fare cinema diventò anche un atto politico e registi e attori contribuirono a fare entrare la politica radicale nella vita di tutti i giorni, partecipando attivamente al processo di mutamento culturale e sociale che dalle piazze veniva evocato.

Quello che successe allora è ovviamente distante non solo nel tempo, ma anche per la natura politica, sociale, culturale e storica che a quegli eventi diede vita, ma ciò che sta accadendo da qualche mese all’interno del panorama cinematografico (o sarebbe meglio dire dell’industria cinematografica) e che ha avuto un perfetto palcoscenico durante la mostra del cinema di Venezia ce lo ha in qualche modo ricordato.

Da oltre cinque mesi le principali sigle sindacali che rappresentano gli sceneggiatori e gli attori di Hollywood stanno scioperando perché venga codificato e regolamentato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno delle produzioni cinematografiche e la kermesse veneziana ha quindi subito il boicottaggio degli attori che non hanno partecipato alla promozione dei loro film, facendo mancare la loro presenza o, come capitato per il film di Guadagnino, il prodotto stesso. Allo stesso tempo gran parte dei film presentati e premiati hanno portato l’attenzione su temi, se non di natura strettamente politica, quantomeno di carattere sociale, culturale o umanitario.

In questo numero di BILLY cercheremo di immaginare quali saranno le conseguenze che uno sciopero così prolungato potrà avere sull’industria cinematografica , e quali siano i motivi di questo rinnovato interesse del cinema di fiction per le rivendicazioni e le istanze di movimenti che trasversalmente rivendicano tutele e diritti. 

In sostanza cercheremo di immaginare questo momento come il migliore per cominciare a interrogarci su un modo nuovo di comunicare e veicolare un cinema diverso, proprio come fece Godard dopo il maggio francese con il suo manifesto dal titolo leninista “Que faire?” in cui dichiarò la volontà e la necessità di fare film che non fossero soltanto politici, ma che fossero fatti anche politicamente, stabilendo le differenze tra i due modi di approcciare non solo al cinema ma, più in generale, al mondo, in cui limitarsi a fare film politici «significa rimanere un essere di classe borghese», mentre invece fare film politicamente «significa assumere una posizione di classe proletaria», «è osare sapere dove sei e da dove vieni, conoscere il tuo posto nel processo di produzione e poi cambiarlo», «è sapere che fare film è un’attività secondaria, una piccola vite nella rivoluzione», «è saper usare immagini e suoni come denti e labbra per mordere».

E se è vero, come sostiene Paolo Bertetto, che «il cinema disloca dentro l’orizzonte sociale la rilevanza dell’immaginario, palesa con la sua forza l’esistenza di mondi fittizi, costituiti da immagini prodotte/riprodotte, potenzia un processo storico di modificazione delle strutture e del funzionamento sociale dell’immaginario», può essere vero che limitarsi a fare film politici può farci immedesimare e conoscere la verità, fare film politicamente può smuovere le coscienze delle persone e cambiare a tutti gli effetti lo stato dello cose.

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