Le radici del trash cinematografico natalizio: i cinepanettoni

Io non so cosa guidasse nei primi anni Duemila le scelte cinematografiche di mia madre, che mi ha portata a vedere al cinema alcuni tra i film dell’epoca meno adatti a una bambina. Nel 2004 mi sono presentata in sala a vedere La Passione di Cristo, cosa che non ha bisogno di commenti, e due anni prima ho visto Pinocchio, non il cartone ma la versione un po’ meno destinata ai bambini di Roberto Benigni. Nello stesso anno sono tornata al cinema nel pieno delle feste e stavolta il grande schermo proiettava Natale sul Nilo, il maggior successo d’incassi quando parliamo di cinepanettoni ma non propriamente un film educativo. Posso dire che la mia forte passione per il trash – cinematografico e non – sia cominciata quel giorno? Forse no, credo sia una cosa abbastanza innata. Certamente, però, un momento come questo identifica nella mia vita e in maniera più ampia e importante nel cinema italiano un passaggio non indifferente, uno di quelli che segnano un prima e un dopo. E parliamone, allora, di questo prima e di questo dopo.

I cinepanettoni: la storia

Direi di cominciare affidandoci alla fonte di sapere per eccellenza: Wikipedia. Secondo quella che forse è la meno affidabile enciclopedia del mondo, un cinepanettone è “un film comico di produzione italiana distribuito nelle sale cinematografiche durante il periodo natalizio”. In realtà me la sento di dire che è molto più di questo. La parola è stata coniata alla fine degli anni Novanta dalla critica cinematografica per identificare in modo dispregiativo tutta quella serie di film – prima di tutto ma non solo con protagonista la coppia che scoppia Massimo Boldi e Christian De Sica – caratterizzati da ironia abbastanza spicciola, trame sempre uguali e una dose generosa di volgarità a condire, ovviamente ambientati durante le feste. Eppure, dato che riappropriarsi (o in questo caso appropriarsi) dei termini ci permette di conferire loro un significato diverso, nel tempo i cinepanettoni hanno perso parte dell’aura di terrore che li circondava, andando a posizionarsi come prodotti che – lungi dall’essere cinema d’autore – rappresentano un genere a se stante di cui non andiamo molto fieri ma meno impregnato di giudizi di valore.

Ma se è vero che si è parlato per la prima volta di cinepanettoni nel 1997, è vero anche che la parola appena coniata andava a colmare un vuoto lessicale ben precedente. Tutto è cominciato nel 1983 con Vacanze di Natale e con due coppie di fratelli che hanno fatto la storia del trash cinematografico su più ampia scala: Luigi e Aurelio De Laurentiis in produzione e Carlo ed Enrico Vanzina tra regia e soggetto, per la costruzione e la diffusione di una storia che poco aveva da dire ma tanto da guadagnare. Con un Christian De Sica presente fin dal giorno 0 insieme a Jerry Calà e Claudio Amendola, con Vacanze di Natale vediamo per la prima volta diversi nuclei familiari medio-alto borghesi che si ritrovano a passare le vacanze di Natale insieme in un luogo dal budget elevato in giro per l’Italia – in questo caso siamo a Cortina – o per il mondo. Produzione breve e incassi da record, Vacanze di Natale è forse l’unico cinepanettone del quale si è detto anche un po’ bene, giudicato dalla critica in grado di portare sullo schermo anche le contraddizioni – oltre alle volgarità – di quella che all’epoca era la contemporaneità.

Ma per quanto il 1983 sia l’anno della prima onda di cinepanettoni, è nel 1990 con Vacanze di Natale ’90 che cominciano sia lo tsunami cinematografico vero e proprio, sia il sodalizio artistico tra Christian De Sica e Massimo Boldi. E da lì in poi, per decenni, le sale natalizie sono state le loro. Tra i Vacanze di Natale con datazioni varie ed eventuali, Merry Christmas, Christmas in Love e il già citato Natale sul Nilo come primo della lunga serie di Natale in mille posti nel mondo, è con loro – uniti o separatamente – che per anni abbiamo passato le feste. Tutto ciò fino al 2011 con Vacanze di Natale a Cortina, che pur essendo ambientato dove tutto ha avuto inizio determina in qualche modo la fine del genere. Certo, Boldi e De Sica insieme e individualmente li abbiamo rivisti, ma non come prima, non con lo stesso successo. E intanto nuove commedie natalizie sono arrivate sui nostri schermi. Aldo, Giovanni e Giacomo, Alessandro Siani e soprattutto Diego Abatantuono hanno messo in scena commedie più adatte ai bambini rispetto a quelle che vedevo io, meno volgari e con una morale diversa dal “si può tradire senza essere scoperti”: il Natale è il momento giusto per risolvere scontri e litigi. Siamo diventati meno trash? Forse, ma è ancora tutto da vedere.

Ragione e sentimento

Ma al di là delle definizioni più o meno tecniche e di quanti e quali cinepanettoni si siano susseguiti negli ultimi 40 anni, resta un punto importante: l’aspetto sociale, emotivo, mi spingo a dire anche emozionale di questo genere. Per quanto possa non piacerci, per quanto possiamo vergognarci di averli visti e magari all’epoca anche apprezzati, i cinepanettoni hanno segnato un’era del cinema italiano che non possiamo rinnegare. E che, personalmente, neanche voglio rinnegare. Banalmente perché, se sono durati così a lungo e alcuni di loro hanno incassato fior fior di quattrini, un motivo ci sarà. Ma quale?

Una certezza c’è: non è stata la profondità delle trame ad aver attirato il pubblico, e nemmeno la capacità degli attori. Né Boldi né De Sica né tutte le new entry che negli anni sono state più o meno stabili in questi film hanno mai vinto premi prestigiosi per la grandezza delle loro interpretazioni. Ma qualcosa che ha contribuito a rendere i cinepanettoni così duraturi c’è, e mi azzardo a dire che paradossalmente è proprio il loro essere capaci di non darci assolutamente nulla al di là di una facile risata. Nessuna ansia per il destino dei personaggi, nessuna riflessione, nessuna morale, niente di niente. In quel periodo dell’anno in cui ci riuniamo con i nostri cari cercando di metterci una benda sugli occhi per non pensare ai problemi personali e sociali che ci affliggono, i cinepanettoni hanno contribuito a modo loro a questa operazione cecità. Ci sono riusciti per decenni utilizzando metodi poco ortodossi ma anche funzionali allo scopo, esasperando i mezzi tipici della commedia all’italiana e portando anche sul set anno dopo anno le celebrità del momento, senza preoccuparsi del fatto che sapessero recitare o meno. Finché non hanno smesso di riuscirci.

Negli ultimi 40 anni siamo cambiati e il cinema – che non può non riflettere il cambiamento che come società abbiamo compiuto – è cambiato insieme a noi. Alcune cose non ci fanno più ridere, altre non sono per fortuna più accettate né sulle scene né nella realtà, e molte di queste cose erano proprio parte integrante di quel trash volgare caratteristico dei cinepanettoni. E allora, piano piano, li abbiamo persi. Ma non è detto che non possano tornare a loro nuovo modo, e l’annunciato futuro ritorno del buon Massimo nazionale potrebbe esserne la prova. Abbiamo ancora bisogno di trash per staccare la mente dalle nostre paturnie; personalmente lo faccio con la mia dose giornaliera di Tik Tok, ma il Natale è il Natale e deve differenziarsi in qualche modo. E il punto è che, per quanto pensiamo che il trash natalizio non ci rappresenti più, in realtà in questo mondo crudele ci siamo dentro forse più che mai, per fortuna in modo più contemporaneo.

E quindi, in quasi conclusione del nostro Via con l’avvento, non posso che salutarvi così: buone feste, e buon trash a tutt*!

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