Certe tendenze del cinema europeo contemporaneo

Certe tendenze del cinema europeo contemporaneo

La domanda appare semplice: esiste un dispositivo cinematografico europeo propriamente detto? Esistono un’identità condivisa o una tendenza unitaria rintracciabile, nell’indiscutibile espansione stilistica e contenutistica che il cinema europeo contemporaneo sta attraversando da almeno vent’anni? Forse la risposta, per essere tale e soddisfacente, non può che essere declinata al plurale, ossia nei termini di identità, appunto, al plurale, per quanto allagate da pulsioni comuni, senza che questo appaia come un’ovvietà o un escamotage per aggirare la questione.

Partiamo però prima da un dato, in risposta, ahinoi, a un’altra annosa domanda: ma il cinema si sta finalmente dissolvendo? Non sembri ozioso, questo quesito, perché in realtà è un interrogativo che chiama in evidente concorso la contemporaneità. È chiaro oramai da tempo come il cinema stia attraversando un periodo di profonda trasformazione strutturale, tanto che l’immagine cinematografica non solo si sta spostando sempre di più al di fuori dalla sala, per approdare a luoghi d’ibridazione oramai distanti dalla ritualità cinematografica del ‘900, ma sta anche depositandosi in funzioni e significati che si manifestano sempre più come manipolazioni di sintesi digitale lontane dal rapporto che il cinema ha sempre intrattenuto con la realtà.

Questo significa chiedersi — in termini di dissoluzione, appunto — se e quanto sia necessario «abbandonare (o rimettere in discussione) il cinema come luogo centrale per l’analisi delle dinamiche sociali e culturali (…) oppure se sia legittimo continuare a considerare il cinema un luogo di interrogazione necessario per la comprensione del reale» (Dottorini, 2009).

La risposta che sembrerebbe suggerirci quel dispositivo modificato e in attuale incessante movimento che è il cinema europeo contemporaneo — nel suo essere un fenomeno e un’articolazione plurali in ragione dell’affermazione di forme e contenuti in grado quanto mai di ibridare linguaggi e prospettive connessi al presente — è che il cinema sia ancora un dispositivo centrale della contemporaneità, per quanto etimologicamente in crisi, ossia in krisis, che in greco significa «scelta, decisione, fase decisiva di una malattia» e deriva da un verbo (κρίνω) che vuol dire «distinguere, giudicare», e quindi in crisi nel senso di una fase decisiva, dovuta soprattutto a quanto sia oggi radicalmente cambiato il significato che l’immagine in movimento ha assunto nell’esperienza delle persone.

Il cinema contemporaneo si è infatti trasformato nella molteplicità di immagini digitali prodotte dai nuovi media che conosciamo — coerentemente al modificarsi del sistema capitalistico coevo in cui, come dice Beller (2006), «la merce non è più solo un oggetto materiale, ma diventa di fatto un’immagine», tanto da poter definire il post-capitalismo come un sistema cinematico — segnando una cesura netta con la forma cinematografica novecentesca. Eppure al tempo stesso il cinema ha mantenuto un ruolo cruciale, in termini produttivi e di pratiche (che per altro spesso, paradossalmente, si rifanno al pre-cinema), per la comprensione dello sviluppo del sistema mediatico contemporaneo, laddove «il campo del ‘visuale’ (che riguarda il modo attraverso cui le culture organizzano, costruiscono e vivono le immagini ed è distinto da quello del ‘visibile’, che indica ciò che è appunto osservabile) sia il campo nel quale le culture contemporanee organizzano, vivono e sperimentano i propri orizzonti di senso» molto più che in passato.

Ecco allora che le tendenze del cinema europeo contemporaneo si sviluppano e si concretizzano in maniera certo mobile, come passaggi di soglia e come contaminazioni, ma in modalità altrettanto irrinunciabile e dirimente rispetto alla possibilità di frequentare il presente o di confliggere con esso.

Da un lato, infatti, quello europeo è un dispositivo che si posiziona perfettamente a proprio agio in un contesto in cui la produzione e la circolazione transnazionale dei film sono diventate sempre più rilevanti, realizzando un equilibrio fluido tra globalizzazione dei mercati cinematografici, possibilità di distribuzione attraverso piattaforme digitali e crescente presenza in festival internazionali di rilievo. Tale flusso influenza sensibilmente la produzione cinematografica europea, e ha come ulteriore esito una maggiore e più ricca diversità di stili, temi e approcci narrativi rispetto ad altre industrie cinematografiche, tutte necessità che si saldano in un combinato disposto sorto anche in risposta alle esigenze di visibilità e competitività sul mercato mondiale.

Dall’altro, in un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti socio-culturali e politici, il concetto stesso di identità culturale europea è al centro di molte riflessioni del cinema europeo contemporaneo. Qualificandola come un’identità necessariamente plurale e ibrida, il cinema europeo ne esplora le complessità e le contraddizioni, interrogandosi di frequente sul proprio (più o meno risolto) passato, sulle proprie radici storiche e sulle conseguenze derivanti da esse, senza risparmiarsi rispetto alle influenze violente e ai colonialismi culturali, nonché in relazione alle tensioni presenti nel tessuto sociale dell’Europa contemporanea. Una riflessione che necessariamente abbraccia, in maniera non conciliatoria, le questioni della alterità (non solo) culturale e dell’inclusività.

Di più e infine: forte e consapevole di tali concomitanze contenutistiche e produttive, il cinema europeo contemporaneo è in grado di distinguersi per la sua diversità stilistica e narrativa, essendo abitato da moltitudini (un po’ come il per altro co-direttore di Billy) ed essendo un dispositivo plurale. Banalmente: fermo restando quanto premesso in termini di modificazione del visuale contemporaneo, registi provenienti da diverse tradizioni cinematografiche sperimentano nuove forme di espressione visiva e narrativa, rompendo con le convenzioni tradizionali e sfidando di frequente il pubblico a esplorare nuove prospettive, arrivando così a ridefinire il linguaggio cinematografico e a plasmare l’esperienza del pubblico nel contesto contemporaneo — pubblico che, per altro, sembra di frequente apprezzare, stando alle ultime tendenze degli incassi.

Di sicuro, comunque la sentiate, il cinema europeo contemporaneo non è destinato a ripetere eternamente la stessa classe.

Di tutto questo e di molto altro parleremo questo mese, sia qui, su Billy, cioè online, sia in presenza, il 19 maggio alle 13:45, per l’evento EYE, dove sarà possibile incontrare la redazione e discuterne le perturbabili convinzioni in merito.

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