Colonne sonore dell’Apocalisse: dal Dies Irae ai concept album post-atomici
Da sempre l’apocalisse affascina l’immaginario collettivo, diventando chiave per interpretare non solo il cinema catastrofico, ma anche il nostro presente. Le immagini della fine, però, non funzionerebbero senza musica: è il suono a costruire l’atmosfera del collasso.
Fin dal Medioevo, con il Dies Irae – canto liturgico per la Messa dei defunti – la musica accompagna la rappresentazione della rovina. La sua melodia ipnotica, cupa e discendente, è stata ripresa da Berlioz, Rachmaninov, fino alle colonne sonore del cinema contemporaneo, dove riecheggia come archetipo sonoro della fine.
Anche la musica rock e pop ha saputo raccontare apocalissi interiori. The Wall dei Pink Floyd (1979) mette in scena un crollo psichico, individuale, ma carico di simboli collettivi: guerra, alienazione, trauma. Più eterea è la visione malinconica dei Keane in Hopes and Fears (2004), dove la fine si manifesta come perdita, disincanto e nostalgia, emozioni ricorrenti nell’Occidente post 11 settembre.
Dai synth distopici di Blade Runner alle orchestrazioni cosmiche di Interstellar, la musica nel cinema post-apocalittico trasforma il disastro in esperienza emotiva.
In fondo, il termine apocalisse non indica la distruzione, ma la rivelazione. Le colonne sonore della fine, allora, non ci parlano solo di ciò che finisce, ma anche di quello che si svela, nel silenzio lasciato dal crollo.



