Meet the Docs!: cinema del reale e corpi dissidenti

Meet the Docs!: cinema del reale e corpi dissidenti

Inizia il 15 e finisce il 19 ottobre, in EXATR a Forlì, la nona edizione di Meet the Docs! Forlì Film Fest. Noi di BILLY saremo media partner, recensiremo tutti i film, vivremo gli incontri, ma soprattutto parteciperemo al dibattito. Perché questa edizione di Meet the Docs! ci interroga fortemente. Quindi ci saremo perché crediamo radicalmente in questo progetto. Perché Meet the Docs! rappresenta esattamente il tipo di cinema – e di pratica culturale – che consideriamo necessario, urgente e vitale.

Da nove anni, infatti, Meet the Docs! fa una cosa semplice e sovversiva: guarda là dove il consenso sociale preferisce evitare di vedere. Cinema del reale su migrazioni, diritti umani, giustizia sociale, crisi ambientali, identità di genere. Ma – ed è questo che conta – non si è mai limitato a rappresentare, piuttosto ha sempre trasformato, e quest’anno ancora di più, la visione in prassi.

Quando ha proiettato film su migranti, ha ospitato registi rifugiati perseguitati dai loro regimi; quando ha parlato di diritti delle donne afghane, ha portato Zainab Entezar, la prima e unica donna ad aver realizzato un film sotto il regime talebano; quando ha affrontato il genocidio in Palestina, ha devoluto fondi a Medici Senza Frontiere e si è collegato con Saverio Tommasi sulla Global Sumud Flotilla diretta verso Gaza. Il festival pratica ciò che proietta e fa della visione un’azione.

Questo è il tipo di cinema che difendiamo su BILLY, io credo. Non cinema come distrazione o mera evasione, ma cinema come dispositivo di cura collettiva. Cura dell’attenzione, della memoria, della capacità di stare nel presente guardandolo davvero.

L’edizione 2025 parte da una verità se volete filosofica: il corpo è la condizione prima dell’esistenza. Siamo carne, pelle, confini, superfici, vulnerabilità, e proprio per questo il corpo diventa il territorio su cui si esercita ogni forma di potere. Chi controlla i corpi controlla le vite.

“Corpi dissidenti” è allora un’esplorazione dei corpi – fisici, narrativi, collettivi, politici – intesi come luoghi di resistenza, trasformazione e immaginazione. Ma è anche un’interrogazione radicale: cosa significa dissentire con il corpo? Come si manifesta la dissidenza quando passa attraverso la carne, la postura, il gesto, la presenza o l’assenza?

Viviamo un momento storico in cui i corpi sono diventati un campo di battaglia. Corpi di donne su cui si pretende controllo – perché gestire la riproduzione è controllare il futuro. Corpi in trasformazione che rivendicano il diritto di autodeterminarsi, perché scegliere il proprio genere è sovvertire l’ordine simbolico. Corpi migranti che attraversano confini – e il movimento stesso è già insurrezione contro la geografia del privilegio. Corpi disabili che chiedono accessibilità, corpi improduttivi resi invisibili, corpi non allineati che sfidano le norme. Perché nascondere la fragilità è negare la mortalità comune, perché il desiderio non normativo spacca l’ordine della produzione e della riproduzione.

Il corpo diventa insieme il luogo dove si subisce il potere e lo strumento per rovesciarlo.

I “corpi dissidenti” sono allora i corpi che rifiutano di conformarsi, che si sottraggono alle narrazioni dominanti, che reclamano spazio, parola, visibilità. Ma sono anche i dispositivi cinematografici e narrativi non allineati, sperimentali, radicali, non riconciliati.

Perché anche il cinema ha un corpo. Ha dispositivi, strutture, durate, ritmi, superfici, e anche il cinema può essere dissidente quando rifiuta i formati mainstream, quando sperimenta, quando sceglie la marginalità come posizione estetica e politica, quando si prende il tempo necessario contro il tempo imposto dal mercato dell’attenzione.

Il cinema del reale è già, costitutivamente, un dispositivo di dissidenza corporea. Mentre la fiction costruisce corpi ideali, il cinema del reale mostra corpi reali – sudati, invecchiati, segnati, imperfetti, precari. Mentre il cinema mainstream cancella le tracce del tempo sui corpi, il cinema del reale le esalta. Mentre l’industria dell’immagine normalizza, il cinema del reale singolarizza.

Vedremo allora documentari che attraversano le questioni di genere, potere, normatività e alterità. Film che danno corpo – letteralmente – a esperienze marginalizzate, invisibilizzate, negate, che fanno del corpo lo schermo su cui si proietta la violenza sociale e insieme la superficie di resistenza.

Perché, noi crediamo, il corpo è sempre politico – non metaforicamente ma letteralmente. Il corpo che sceglie cosa nutrire, il corpo che decide i propri ritmi contro quelli della produttività, il corpo che discute il proprio tempo-vita, il corpo che sovverte o conferma l’ordine sociale, il corpo che occupa spazio pubblico, il corpo che sfida le aspettative demografiche dell’economia, il corpo che rivendica autonomia o la perde.

Ogni gesto, ogni postura, ogni scelta corporea è già un posizionamento nel mondo.

E quando parliamo di atto politico, lo ripetiamo ancora e ancora, lo intendiamo in senso etimologico: qualcosa che riguarda e discute la polis, la città, il bene comune, la concezione di vita, il senso della relazione. È un tentativo ambizioso e necessario: usare il cinema del reale come strumento di lettura e trasformazione della contemporaneità.

Quando Meet the Docs! dice che i documentari salveranno il mondo, lo dice sul serio. Non è una metafora, non è un auspicio, è una convinzione radicale.

Il mondo in cui viviamo è malato di dis-visione: vediamo troppo e guardiamo troppo poco. Siamo sommersi da immagini ma sempre più incapaci di vedere davvero. Le immagini ci attraversano senza toccarci, scorrono via senza lasciare traccia, ci informano senza trasformarci. Siamo diventati analfabeti emotivi dell’immagine.

Forse il cinema del reale è l’antidoto a questa cecità organizzata, perché ci costringe a sostare, a rimanere, a non distogliere lo sguardo, a vedere fino in fondo. Il cinema del reale non ci permette il lusso dell’indifferenza o della distrazione.

Il cinema del reale salva il mondo perché restaura la capacità di testimoniare. Perché produce empatia come fatto politico, non come sentimentalismo. Perché è il dispositivo della verità possibile – non della verità assoluta, ma la verità dell’approssimazione onesta, del tentativo sincero, dell’ipotesi.

Ma soprattutto, il cinema del reale salva il mondo perché immagina mondi altri. Ci mostra che le cose potrebbero essere diverse. Che esistono persone che vivono altrimenti, che resistono altrimenti, che amano altrimenti, che si organizzano altrimenti. Il cinema del reale è la prova vivente che la realtà non è monolitica, che il presente non è inevitabile, che altri modi di esistere sono già qui, ai margini, nelle pieghe, nelle crepe del sistema.

I corpi dissidenti che vedremo a ottobre sono la dimostrazione che la dissidenza non è una possibilità futura ma una pratica presente. Che il mondo può essere salvato perché qualcuno lo sta già salvando – corpo per corpo, gesto per gesto, scelta per scelta.

BILLY seguirà Meet the Docs! perché crediamo in questo cinema. Perché crediamo che ogni corpo che occupa una poltrona del cinema sia già un atto di resistenza al regime della frammentazione, perché riunirsi in un luogo fisico per condividere una visione è già politico, è già dissidenza. Recensiremo tutti i film, non come osservatori neutrali, ma come parte di una comunità che crede che il cinema possa ancora cambiare il mondo.

Una sala alla volta, uno sguardo alla volta, un corpo alla volta.

logo