“FLORA” di Martina De Polo
Flora Monti, originaria di Monterenzio, è stata la più giovane staffetta partigiana della Resistenza Italiana, ora ha 94 anni e vive a Bologna. Il documentario parla di lei, partigiana bambina nell’Appennino Tosco Emiliano e del viaggio che ha affrontato nel ’44 per arrivare al campo profughi di Cinecittà, dove ha vissuto per sette mesi. Flora fa parte di una famiglia di antifascisti e i nazisti hanno intrapreso una caccia disperata per colpire chiunque aiuti o faccia parte della Resistenza. La casa della famiglia Monti viene bombardata ed è dunque costretta a fuggire unendosi con altri profughi alla carovana organizzata dai soldati americani che li conduce, dopo un breve passaggio a Firenze, a Roma a Cinecittà che, dopo i bombardamenti, è diventato il più grande campo profughi d’Italia, accogliendo migliaia di sfollati.
L’opera di Martina De Polo si basa sulla testimonianza di Flora Monti intervallata dalla ricostruzione degli eventi narrati interpretati da attori teatrali con indosso maschere della commedia dell’arte sui cui corpi vengono proiettate immagini, a cui si aggiunge l’utilizzo della tecnica del video mapping nei luoghi attraversati dalla protagonista, il tutto al servizio di una storia di sofferenza, terrore, resistenza, libertà e speranza.
Il racconto di Flora e in particolare il suo messaggio finale di tenere vive le coscienze onde evitare il ritorno del fascismo, trova grande attualità in un momento storico in cui le recenti manifestazioni per la fine del genocidio a Gaza, nate spontaneamente e venute dal basso, sembrano aver (ri)svegliato una coscienza collettiva che in nome di valori che dovrebbero essere alla base dell’umanità è tornata nelle piazze e ha cercato tramite la Global Sumud Flotilla di realizzare un intervento concreto, mostrando tutti i limiti, le meschinità e le pochezze delle classi dirigenti attuali.
Dentro dunque una contemporaneità che vede uno scenario sempre più terrificante con lo scoppiare e il proseguirsi di conflitti, un piano di riarmo approvato e lo spettro dell’utilizzo di armi nucleari, i valori della resistenza di pace, libertà, democrazia ci appaiono come una corda a cui aggrapparci per non precipitare nell’abisso.

