Eddington
Uscendo dalla sala dopo la visione di Eddington, il nuovo film di Ari Aster, il primo pensiero è stato: «Ma che casino è? Cosa ho visto?» Sì perché il quarto lungometraggio del regista statunitense rappresenta una valanga di situazioni e temi da cui emerge un quadro di un paese, gli Stati Uniti, profondamente spaccato, il che lo colloca in quel filone di film strettamente contemporaneo che ritrae gli USA allo sbando, in preda alla violenza, alla paranoia, a una crisi identitaria come visto in Civil War (2024) di Alex Garland e Una battaglia dopo l’altra (2025) di Paul Thomas Anderson.
L’opera è ambientata nel maggio 2020 in piena pandemia Covid-19 nella cittadina americana di Eddington, sita nel Nuovo Messico, il cui sceriffo è Joe Cross (uno strepitoso Joaquin Phoenix) che decide di candidarsi a sindaco sfidando l’uscente Ted Garcia (Pedro Pascal). La situazione si fa mano a mano più tesa perché la campagna elettorale assume toni sempre più aspri e diventa virale al punto da attirare l’attenzione del gruppo terroristico Antifa, inoltre a gettare ulteriore benzina sul fuoco si aggiungono le proteste del movimento Black Lives Matter, nato dopo l’omicidio di George Floyd per mano di un poliziotto, e la campagna presidenziale per le elezioni del 2020. Joe dunque si ritrova a gestire un quadro più grande delle sue capacità e come se non bastasse a casa si ritrova una moglie psicologicamente instabile (Emma Stone) e una suocera complottista (Deirdre O’Connell). Impossibilitato ormai a tornare indietro, il tutto lo porta a commettere una serie di azioni da cui cercherà di uscirne pulito in ogni modo possibile…
Se in film precedenti Ari Aster si era incentrato a raccontare la famiglia americana traendone un quadro di una struttura deviata (The Strange Thing About the Johnson), malvagia (Hereditary) e complessata (Beau ha paura), ecco che questa volta il microcosmo familiare non basta più a contenere tutto il caos presente nella società statunitense, così ritorna a rappresentare la comunità, ma se quella vista in Midsommar era sì pazzoide e assassina ma coesa nel suo intento – al punto che Dani (Florence Pugh) ne entra a fare parte facendola diventare la sua nuova famiglia – quella di Eddington è invece sempre più frammentata all’interno delle sue componenti, piena di contraddizioni e di un clima d’odio sempre crescente che tutti contribuiscono a alimentare.
A partire dallo stesso sceriffo, simbolo di autorità, che però è il primo a non rispettare le regole, come ad esempio quella di indossare la mascherina poiché il Covid «a Eddington non è arrivato», inoltre la sua stessa autorità è sempre meno riconosciuta dai manifestanti anche in virtù del fatto che il corpo di polizia locale risulta abbandonato a se stesso dallo Stato e frammentato al suo interno, come testimoniano le discussioni su a chi spetta l’autorità su un caso di omicidio (se il cadavere è a Eddington, ma i colpi sono stati sparati nel confinante territorio di Pueblo chi se ne occupa?).
Joe Cross porta poi avanti una campagna elettorale che nasce più che altro da un sentimento di rivalsa nei confronti di Ted e quindi non incentrata su quelli che sono i progetti riguardo la cittadina, quanto piuttosto sul denigrare l’avversario su aspetti personali finendo per accusarlo di aver stuprato la moglie anni prima, una mossa che – oltre a gettare altro veleno – finisce per ritorcersi contro con la moglie che decide di lascialo per unirsi a un guru spirituale a capo di una setta.
La denigrazione dell’altro non avviene solo con le parole, ma anche attraverso una violenza mediatica per il quale tutto viene filmato per essere postato sui social per denunciare fatti e comportamenti, togliendoli però dal contesto in cui avvengono senza possibilità di replica con la sola intenzione di “sputtanare” il nemico di turno. Inevitabile dunque che alla violenza verbale e mediatica si arrivi infine a quella armata che esplode nello scontro tra Joe e il gruppo Antifa.
Tuttavia non è solo l’autorità a essere in crisi, ma anche chi la combatte e la mette in discussione come nel caso dei ragazzi manifestanti che, partendo da una giusta causa, risultano però terribilmente confusi e disorientati con idee che risultano a tratti ridicole e prive di senso logico, nonché in qualche caso mossi nella loro protesta più da motivi personali e “semplici” come quello di fare colpo su una ragazza per poi finire per diventare parte del sistema che contestano. Pure Michael (Michael Ward), giovane poliziotto afroamericano che aiuta Joe nella sua campagna elettorale, risulta distaccato, quasi indifferente alle proteste del Black Lives Matter che lo riguardano direttamente.
A differenza dunque dei finali di Una battaglia dopo l’altra e Megalopolis (2024) di Francis Ford Coppola, che contengono un messaggio di speranza rivolto alle giovani generazioni come coloro che hanno la possibilità di cambiare in meglio le cose, Ari Aster si dimostra molto più scettico su questo – e chi scrive ne condivide il pensiero – il suo è un ritratto di un paese in cui non appare solo una singola spaccatura tra due grandi fronti, ma una marea di frammentazioni anche all’interno di gruppi che portano o dovrebbero portare avanti le stesse battaglie, un paese alla deriva in preda alle sue contraddizioni dove non si riesce a comunicare, a confrontarsi, a orientarsi, a trovare un punto di riferimento, un qualcosa a cui aggrapparsi e tutto questo disagio sfocia nella violenza.
Ari Aster forse meglio di tutti riesce a restituirci un quadro degli USA contemporanei gestendo perfettamente il caos che mette in scena realizzando un’opera che mischia commedia nera, thriller e western evitando giudizi sui suoi personaggi scritti senza manicheismi.
La sensazione guardando Eddington è quella di trovarsi davanti a un quadro cubista di Picasso o Braque dove alcune forme sono distinguibili mentre altre no e alla fine cerchiamo di capirci qualcosa, di trovare una visione d’insieme, e dentro questo mare magnum di roba forse le immagini che meglio rappresentano l’America sono quella iniziale di un senzatetto che vaga per la cittadina scalzo, ubriaco, malato, blaterando frasi senza senso e quella finale in cui nel terreno desertico della zona campeggiano illuminate a giorno un data center e la stessa Eddington, vere e proprie cattedrali nel deserto accompagnate in sottofondo dal rumore degli spari di uno sceriffo che si esercita al poligono di tiro.




